Testo di Isabella Mancini
Si rimane senza fiato di fronte alla propria ignoranza. Come ho potuto vivere ignorando l’immenso lavoro fotografico di un Maestro come Domon Ken? In mostra all’Ara Pacis di Roma solo 150 scatti che ripercorrono la sua ricerca verso il realismo sociale, dai primi lavori prima della Seconda Guerra Mondiale alle foto dedicate ai bambini (ai quali ha dedicato numerosi libri), dagli scatti di propaganda fino alle immagini incantate, senza fiato, dei monasteri giapponesi. Domon sosteneva che “la dote fondamentale di un’opera di qualità sta nella connessione diretta tra la macchina fotografica e il soggetto”. Il Maestro era, infatti, sempre alla ricerca di una immagine del tutto realistica, priva di drammaticità. Sullo sfondo dello spirito rinfrancato del dopoguerra, rivolgeva lo sguardo alla società in generale e alla vita quotidiana: “Sono immerso nella realtà sociale di oggi ma allo stesso tempo vivo le tradizioni e la cultura classica di Nara e Kyoto; il duplice coinvolgimento ha come denominatore comune la ricerca del punto in cui le due realtà sono legate ai destini della gente, la rabbia, la tristezza, la gioia del popolo giapponese”.
Il suo realismo sociale si esprime in particolare attraverso due reportage rappresentativi di quest’epoca, Hiroshima (1958), considerata dal premio nobel Oe Kenzaburo la prima grande opera moderna del Giappone, e i Bambini di Chikuho, serie fotografica sulla situazione di miseria nei villaggi di minatori del sud del Giappone con un’ampia e vivace ritrattistica di bambini incontrati per le strade del Paese.
Primo fotografo alla cui immensa opera viene dedicato un museo personale nella città natale di
Sakata nel 2003, figura poliedrica che abbraccia attraverso la fotografia l’intera cultura giapponese prima e dopo il conflitto mondiale, Domon Ken insieme ad altri amici e grandi personalità del mondo artistico nipponico diedero avvio a quel rinnovamento culturale che fece uscire definitivamente il Giappone dalla disfatta della guerra conducendo a quell’estetica contemporanea a cui ancora oggi tutto il mondo fa riferimento.
La mostra si inserisce in un vasto programma di eventi che rappresenteranno il mondo culturale e tecnologico del Giappone in Italia per tutto il 2016: grandi mostre d’arte, performance teatrali di burattini (bunraku) e della grande tradizione del Nō, concerti e spettacoli di danza moderni e tradizionali, rassegne cinematografiche, eventi d’architettura e design, e poi fumetto, letteratura, sport e molto altro ancora. L’occasione è la celebrazione del 150° anniversario del primo Trattato di Amicizia e Commercio, firmato il 25 agosto 1866, tra Italia e Giappone, che diede inizio ai rapporti diplomatici tra i due Paesi.
Non solo Roma coinvolta in queste iniziative. A Pisa percorso en plain air per le opere del maestro Kan Yasuda, sculture plastiche che dialogano dal Porto Medievale a Piazza dei Miracoli (fino al 30 ottobre 2016). Durante il Festival Puccini saranno presentate due rappresentazioni celebrative (29 luglio e 10 agosto, Lucca) dell’opera Madama Butterfly con le scene dello scultore giapponese Kan Yasuda e i costumi di Regina Schroeker. In calendario inoltre i concerti dell’ensemble Sakura Komachi (maggio Firenze, Roma, Napoli, Milano e Bologna in date da definire) e del concertista Kenichi Yoshida (Roma, Istituto di cultura, data da definire). Fra gli spettacoli teatrali il pezzo forte sarà lo spettacolo Noh (residenza dell’Ambasciatore e Teatro Argentina, Firenze, Vicenza e Venezia, 1220 settembre 2016). Infine, in campo architettonico, il Maxxi di Roma ospiterà una grande mostra (ottobre 2016 – gennaio 2017) sull’architettura residenziale giapponese dal dopoguerra ad oggi. Il Giappone sarà anche presente alla Biennale di Venezia con una esposizione curata dal professor Yoshiyuki Yamana.