Testo e foto di Paolo Calvino
Come muoversi fra i divagalibri durante un’attività scolastica? Ci sono tre possibilità: la divagazione la fa l’insegnante e poi la racconta agli studenti, oppure la si fa insieme, oppure ancora ogni studente per conto suo e poi si condividono i risultati. Non nascondiamoci che la terza modalità è di difficile realizzazione, perché la divagazione è un’attività che riesce bene ai lettori forti (e pochi studenti lo sono) e anche perché fra gli stessi lettori forti la letteratura di viaggio è di solito un genere che si non si ama ancora ai tempi delle scuole superiori.
Qualsiasi modalità si scelga, fisserei una sola regola: non si deve stabilire il punto di arrivo della divagazione. Quindi, non scegliete un tema, un luogo o un personaggio come filo conduttore, ma decidete soltanto il libro di partenza. Per quanto riguarda la direzione dello spostamento, si può ricalcare il movimento degli autori oppure imprimerne uno personale. Talvolta, sono gli stessi scrittori a suggerire al lettore il passaggio ad un altro libro. In Gli anelli di Saturno, per esempio, W. G. Sebald sta vagabondando a piedi lungo la costa orientale dell’Inghilterra, quando la vista delle rondini che sfrecciano sull’acqua gli fa venire in mente un racconto di Borges, Tlön, Uqbar, Orbis Tertius (che si trova nella raccolta Finzioni). Bruce Chatwin è uno di quegli autori che dichiarano apertamente di ricalcare i passi di un altro scrittore, sia nel viaggiare che nello scrivere. Un libro che scelse come guida e modello fu La via per l’Oxiana di Robert Byron. Questi viaggiò fra l’agosto del 1933 e il luglio del 1934 in Medio Oriente, Afghanistan e Iran, luoghi nei quali Chatwin andrà negli anni Sessanta e Settanta (come è documentato in due libri che raccolgono le sue fotografie, L’occhio assoluto e Sentieri tortuosi). La via per l’Oxiana è stato ripubblicato con una introduzione scritta da Chatwin nel 1980, nella quale egli stesso dichiara il suo debito nei confronti dell’opera di Byron:
Da molto tempo ho elevato questo libro al grado di «testo sacro», e quindi al di là di ogni critica. La mia copia personale – ormai priva della rilegatura e tutta macchiata dopo quattro viaggi in Asia centrale – mi accompagna da quando avevo quindici anni. […] A volte incontravamo viaggiatori più intellettuali di noi che seguivano le orme di Alessandro o di Marco Polo; per noi era molto più divertente seguire quelle di Robert Byron. Conservo certi taccuini che dimostrano con quale ossequio servile io ricalcassi il suo itinerario e – come se fosse possibile – il suo stile. Prendete, per esempio, questi miei appunti del 5 luglio 1962 [Chatwin aveva allora 22 anni] e confrontateli con i suoi del 21 settembre 1933:
«Nel pomeriggio siamo andati a trovare il signor Alouf, l’antiquario. Ci ha fatto entrare in un appartamento pieno di mobili “francesi” trattati con gommalacca, quasi tutti crivellati dai tarli e rivoltati sottosopra. […] Da un armadio ha tirato fuori quanto segue: Un pettorale romano, d’oro, con patacche azzurre incastonate. Falso. Un idolo neolitico, di marmo, col fallo eretto, sul relativo piedistallo. Il piedistallo era autentico, l’idolo no. Trenta bambole funerarie siro-fenicie in osso. Una figura “ittita”, pullulante di attributi d’oro, forse quella che Byron vide nel 1933. Falsa. Un assortimento di inquietanti oggetti d’oro. Una collezione di vetri paleocristiani (autentici). […] Infine, una testa di marmo di Alessandro Magno. “Per questo pezzo ho rifiutato ventimila dollari. VENTIMILA DOLLARI! Tutti gli archeologi dichiarano che la mia è l’unica testa autentica di Alessandro. Guardi il collo! Le orecchie!”. Forse – ma della faccia non era rimasto niente».
Byron aveva raccontato così il suo incontro, avvenuto a Damasco, con la stessa persona:
L’albergo appartiene al signor Alouf; all’ultimo piano abitano i suoi figli. Una sera ci ha condotti in una cantina priva d’aria, dove c’erano delle vetrine allineate lungo le pareti e una cassaforte. Ne ha preso i seguenti oggetti: una coppia di grosse coppe d’argento, stampigliate di simboli cristiani, e un dipinto dell’Annunciazione; un documento scritto su un pezzo di stoffa color del fango, lungo poco più di un metro e largo quarantacinque centimetri circa, che dovrebbe essere il testamento di Abu Bakr, il primo califfo, e a quanto si dice sarebbe stato portato da Medina dalla famiglia di re Hussein nel 1925; una bottiglietta bizantina di vetro turchino, intatta, alta una ventina di centimetri e sottile come un guscio d’uovo; una testina ellenistica d’oro, con le labbra socchiuse, gli occhi di vetro e sopraccigli di un azzurro vivace; infine, una statuetta d’argento alta ventiquattro centimetri, che in mancanza di altri termini di paragone il signor Alouf ha definito ittita. Se è autentica, dev’essere una delle più notevoli scoperte degli ultimi anni in Medio Oriente.
Ultime indicazioni operative: non ci sono preclusioni riguardo all’età (ho illustrato la tecnica del divagalibro durante i corsi di aggiornamento organizzati dall’AIIG Piemonte, ai quali hanno partecipato insegnati che l’hanno poi sperimentata con i ragazzi delle superiori, delle medie e anche delle elementari); i requisiti sono la disponibilità allo spostamento (e quindi, per quanto detto sopra, al cambiamento) e la sensibilità per le assonanze e i rimandi; preparate delle domande da porre al termine della divagazione (per esempio: in quali luoghi ti ha portato? Cosa sai ora di essi? Cos’altro vorresti sapere? Hai scoperto qualcosa di te stesso che prima ignoravi?); la divagazione fra libri è attività per sua natura interdisciplinare, perciò coinvolgete altri insegnanti. Potete trovare un esempio di divagazione sul mio blog: https://paolocalvino.blogspot.com/search/label/Divagalibro