Testo e foto di Letizia Sgalambro
Ci sono concetti che ho studiato all’Università che sono rimasti incastonati nella disciplina in cui li ho incontrati, senza smuoversi di lì per anni. Carenza mia, lo so, ma questa ignoranza si accompagna alla curiosità e così continuo a meravigliarmi di ciò che incontro anche se forse lo avrei dovuto già conoscere.
Oggi ho ri-incontrato il Futurismo e il Costruttivismo, ben masticati e compresi in letteratura ma che mai avrei pensato di vedere realizzati in opere architettoniche.
L’occasione mi è stata data dalla visita alla Centrale elettrica di Santa Maria Novella a Firenze, organizzata per le giornate del Fai.
L’architetto, Angiolo Mazzoni, l’ha ideata e costruita fra il 1927 e il 1934, proponendo un’opera che all’epoca fu molto criticata, perché osava soluzioni tecniche innovative che si avvicinavano alle sperimentazioni espressioniste delle avanguardie europee.
Vetro, cemento armato, la scelta del colore rosso terranuova, i 4 fumaioli raggiungibili con una scala a chiocciola e collegati da un lungo corridoio a vista, tutto è stato costruito compenetrando fra loro linguaggi diversi.
L’edificio aveva lo scopo di fungere da cabina elettrica per gli scambi ferroviari e riscaldare, con 4 caldaie a carbone a tubi verticali, l’adiacente stazione centrale costruita nel 1848 e rimodernata fra il 1932 e 1935 sotto il progetto di Giovanni Michelucci, che fu scelto al posto dello stesso Mazzoni, scartando un suo progetto forse perché troppo rivoluzionario.
Le due opere si trovano comunque a dialogare fra di loro, non solo perché la prima serve a scaldare la seconda, ma anche perché ormai, ogni viaggiatore che arriva a Firenze inevitabilmente incontra l’edificio di colore rosso con la torre tonda, lunghe vetrate e le 4 ciminiere nere.
L’opera, ancora funzionante a metano, ha bisogno di un bel restauro che le Ferrovie Italiane hanno promesso di attivare ben presto. Speriamo che così sia.