Testo di Agostino Falconetti e Luisa Fazzini
Foto di Agostino Falconetti
Di un paesaggio possiamo rilevare gli elementi concreti e reali, direttamente osservabili: una lettura denotativa. Oppure, o meglio, possiamo concentrarci sul senso di un luogo, sui valori simbolici, emozionali e culturali che lo compongono: una lettura connotativa. Si delineano così paesaggi della mente che nei testi letterari trovano espressione e valorizzazione.
La realtà ė complessa. E’ intessuta di storie, cioè di azioni, di decisioni, di pensieri di individui che in quanto tali sono unici. L’essenza del reale è stratificata, insondabile. Per questo le spiegazioni di una guida turistica asettica, e quindi facilmente comprensibile, colma di informazioni lineari adatte a tutte le vite, sono una falsità interpretativa. Noi crediamo, dopo la loro lettura, di “conoscere” un luogo. Invece, limitandoci ad esse, abbiamo azzerato nella semplificazione la nostra capacità evocativa ed indagatrice del luogo. Le guide non hanno brividi nel loro linguaggio della divulgazione. Solo la parola poetica, anche inserita nella narrazione della prosa, ci immedesima nel luogo attraverso la destrutturazione dei molteplici livelli interpretativi del reale e ci fa entrare nella percezione del Tutto.
Prima di partire mi concedo sempre il lusso del tempo, in cui entro in un luogo facendomi tenere per mano dalle parole di chi ci vive e ne scrive o di chi lo attraversa. Il tempo, usato così, dilata la durata del viaggio e prepara la mia linea di sguardo, aiutandomi a spogliarmi prima di partire del filtro interpretativo quotidiano per assumere quello che mi permettere di leggere Oltre nella terra in cui andrò. Il tempo del mio viaggio diventa così sconfinato (Luisa).
Preparo il mio viaggio. Cosa mi attrae del luogo che andrò a visitare? La curiosità di conoscere un nuovo Altrove, di cercare l’eccitazione della prima volta in un Paese che non conosco o di riassaporare un luogo familiare. La dimensione della scoperta è stata da sempre la mia voglia di partire. E allora da sempre leggo, creo percorsi, mi documento e sogno. Sulle pagine dei narratori, e soprattutto sulle mappe. Tutto si trasforma in un’ affascinante geografia immaginaria. Questo è il mio lusso del tempo. Proiettarmi in avanti nella fantasia libera che plasma i luoghi fuori da ogni condizionamento. La mia geografia. Il mio viaggio.
Mi rendo conto che questa filosofia di viaggio è romantica. Le guide turistiche nel freddo linguaggio tecnico ormai stanno lasciando il passo ad un denotativo mondo virtuale che le surclassa e tende a sostituirle. L’attesa personale prende la forma dell’immagine che un altro ha scelto per noi. I viaggiatori di oggi si sono massificati su Youtube, col linguaggio visivo, e risolvono ogni loro curiosità a colpi di click. “Ecco cosa vedrò…!” E se magari il report del link non mi soddisfa con un’altra “googlata” cambio meta. E i luoghi più sperduti, con un semplice movimento del polso, diventano accessibili. Desolatamente il mondo è stato mappato, ripreso e descritto da blogger e post. Ma così non vedo Oltre. Vedo lo standard omologante che livella la memoria collettiva dei luoghi.
Vivere e raccontare l’esperienza diretta è il vero valore del viaggio. Io, viaggiatore di lunga data, invito a lasciare le pagine web. Prima aprite un libro. Percorrete la letteratura di viaggio, la narrazione di chi ci è stato e ti racconta l’istinto umano al movimento. Assaporate la geografia interiore, le sensazioni dell’Altrove, ciò che ci spinge verso nuovi orizzonti fuori e dentro di noi. Il vero viaggiatore non racconta i viaggi fotocopia sempre più imposti dal turismo di massa e dalla omologazione degli itinerari (e dalle guide di viaggio). Non cede a un mondo in cui le emozioni vengono confezionate per essere vendute. Non sono emozioni vere. Sono emozioni commerciali, frammenti comuni da postare, da fotografare e da archiviare sulla nuvola dopo un certo numero di like. Come ogni prodotto destinato al consumo perdono in breve la loro potenza e diventano vittime dell’accumulo eccessivo e sono destinate all’oblio, alla obsolescenza tecnologica. Lo sguardo del turista è stato mutato dal business e non sa più osservare e cogliere il mondo. Ci si ferma giusto il tempo di una foto, con l’occhio proiettato al post da pubblicare, per poi tornare nella confort zone, sicuramente con wi-fi. E non si sa più dialogare con un luogo.
Il viaggio così non può avere valore esperienziale. Manca la forza spirituale che solo le relazioni sanno dare attraverso gli incontri, i racconti, i libri di viaggio, i cibi e i corpi. Sono queste le esperienze che io cerco in un viaggio e che voglio raccontare (Ago).
Che strano connubio di visione interpretativa il nostro. Io arrivavo con un libro. Tu con una mappa di esperienze. Abbiamo fatto scambio. Come a un crocicchio, pensando di prendere poi entrambi una nuova diversa direzione. Invece ci siamo ritrovati sulla stessa strada a raccontarci cosa avevamo scoperto nell’oggetto portato dall’altro. Io abituata a vedere attraverso le parole e tu attraverso le esperienze. Mancava una parte a entrambi. Se tu descrivevi l’eccezionalità del luogo o del momento, io tiravo fuori dal mio sacchetto della tombola la parola connotativa che permetteva di fare ambo.
E così abbiamo capito che il viaggio è un modo di guardare alla vita. Perché non finisce mai. Ogni giorno ti prepari all’Altrove. La meraviglia del quotidiano. La pagina di uno scrittore. La parola trovata. La memoria che affiora. La condivisione dell’Oltre personale intuito tra la banalità dei gesti usuali. Ma così si impara che non c’è nulla di scontato, di ripetuto. Sapersi stupire ed emozionare nella consuetudine in cui siamo immersi è la grande scuola quotidiana del viaggiatore d’anima. Per me la capacità di viaggiare non è misurata dai chilometri o dal numero di luoghi, ma da come respiro ogni istante i palpiti del vivere. Sono sempre in viaggio. Qui e Altrove. Per trovarmi nei miei pensieri devi intraprendere un percorso perché per me ogni passo è “Viam agere”: condurre la mia strada. Qui e Altrove. Se poi lo trasformiamo nella prima persona “Viam ago” ci si accorge che nel tuo nome c’è la mappa di un destino: viam Ago (Luisa).
Io ci ho provato. Dopo anni da viaggiatore spettatore ho trovato nella lettura la chiave per entrare in sintonia con l’anima di un luogo. Raccogliendo le storie di chi aveva visto quei luoghi. Comprendendo il significato dato alla vita dagli scrittori che in quei luoghi erano nati e vissuti. Piano piano ho costruito nella mia passione di viaggiatore una geografia interiore fatta di riflessioni comparate, scenari passati, ma che mi permetteva di intravedere strade future. Così ho imparato ad osservare il mondo e le sue vite da un’altra, ulteriore, angolazione per poi comunicare questa visione agli altri. Essere nel viaggio anime in ricerca per formare un orizzonte di senso che vada oltre la sensazione percettiva. Solo così il racconto restituisce un significato al viaggio e non la sola descrizione del mondo. Solo così bellezza, essenza, senso e silenzio possono trasformare la visione in comprensione (Ago).