Il segno grafico per disegnare lo spazio fuori e dentro di noi
Proposta di laboratori per ragazzi di ogni ordine e grado
Testo e foto di Letizia Sgalambro
C’è qualcosa di affascinante nell’osservare una mappa cartacea, che sia datata o recente.
Immediatamente ci mettiamo a sognare, a immaginare come sono quei luoghi di cui leggiamo i nomi, quanto faticosi saranno quei sentieri da salire, chi abiterà in quelle case diffuse.
Le mappe raccontano storie, ci portano immediatamente in un’altra dimensione, la dimensione del viaggio e dell’altrove, di un mondo dove tutto è possibile.
Una mappa crea ponti fra luoghi e tra punti di vista diversi facendoci scoprire connessioni dove non avevamo immaginato ci fossero.
Lavorare con le mappe, inoltre, permette di far dialogare fra di loro la parte destra e la parte sinistra del nostro cervello, attivando in contemporanea i due emisferi, in un gioco a rimando fra logica e immaginazione.
L’emisfero sinistro (quello più razionale) ci serve per leggere i segni, comprenderli, capire dove sono boschi, paesi, città montagne, chiese, interpretando la legenda, le relazioni fra oggetti, i simboli, le coordinate. Ci serve per raccogliere informazioni, capire come sono state selezionate, cosa è compreso e cosa manca, individuare il punto di vista. L’emisfero destro (quello legato pensiero visivo immaginifico) ci permette, al contrario, di “vedere” ciò che la mappa traccia, di rendere quei segni luoghi, di far diventare fotografia una serie di indicazioni grafiche se vogliamo rendere la nostra esperienza di un luogo tridimensionale.
E dopo aver imparato il linguaggio usato per disegnare una mappa come se fosse una lingua straniera, l’emisfero destro ci permette di rendere su un foglio la nostra esperienza, di riassumere, sintetizzando, un percorso, un vissuto, un’esperienza. Può essere lo stesso spazio per tutti (da un’immagine che offriamo come “cartolina” che poi deve essere rappresentata in mappa), oppure il luogo del cuore, unico per ciascuno.
I laboratori tenuti da Letizia Sgalambro e Paola Facchina con docenti di geografia di ogni ordine e grado ci hanno confermato l’importanza di questi passaggi, e la gioia e l’entusiasmo che chiunque prova davanti a delle matite colorate.
Dopo la prima parte più razionale, che ci è servita per ripassare i concetti chiave, abbiamo dato spazio alla manualità e, volendo, alla creatività per utilizzarli o reinterpretarli disegnando la mappa di un territorio conosciuto.
Sporcarsi le mani con le matite acquarellabili, scoprire di riuscire a disegnare con l’aiuto di lucidi e fotocopie, rende il clima del laboratorio estremamente gioviale, e anche i più reticenti, una volta buttati nella mischia, si lasciano andare divertendosi insieme.
Lavorando in questo modo possiamo iniziare a porci delle domande sul nostro posto nel mondo. Qual è l’ambiente in cui io mi vedo meglio? Esiste un mio luogo del cuore? Mi sento radicato nel mio spazio? So osservare ciò che c’è intorno a me? Spesso queste domande sono inconsce, possono essere fatte dopo una volta che la mappa è stata creata, una volta che viene mostrata agli altri.
L’emisfero destro mi permette anche di dare una geografia ai sentimenti, per tracciarli su carta come se fossero il letto di un fiume o una catena montuosa.
Come posso rappresentare su una mappa la gioia? O il dolore, la paura, l’innamoramento, la solitudine…Abbiamo tutto lo spazio che vogliamo per l’immaginazione, niente è sbagliato, se corrisponde a un nostro sentire.
Una volta appreso come disegnare una mappa dei sentimenti possiamo volgere lo sguardo all’interno di noi stessi per riflettere su come vogliamo rappresentarci al mondo. Una sorta di selfie interiore che mostri agli altri le nostre ricchezze, i nostri confini, i passaggi proibiti e quelli segreti, e come poter accedere al nostro mondo senza farsi e fare del male. Quindi: Quante di queste emozioni (e tanti altri sentimenti) mi rappresentano? Se io fossi una mappa, come mi disegnerei?
Possiamo creare una legenda speciale stilando una lista di tutti gli elementi che andremo ad inserire sulla mappa e solo successivamente penseremo a dove collocarli. I disegni possono essere molto semplici o carichi di dettagli, l’importante è che rappresentino chiaramente gli elementi della mappa.
A cosa serve disegnare una mappa del sé?
- A riflettere su come io mi vedo nello spazio
- A fare una riflessione interiore su come voglio mostrarmi agli altri
- A osservare quanto sono soddisfatta di ciò che vedo e per modificare aspetti che mi rendo conto non mi soddisfano (creare ponti, aprire dighe, tagliare alberi, piantarne per fare ombra…)
- A offrire una chiave interpretativa di me agli altri.
- A confrontarmi con gli altri e verificare se mi riconoscono nella mia mappa o loro vedono altro di me.
Lavorare in questo modo sulle mappe permette agli studenti di sperimentare in prima persona il valore del segno grafico, di impadronirsi della simbologia e di un nuovo modo di esprimersi. Ogni mappa contiene la promessa di una scoperta, tenendo vivo il nostro immaginario, che può diventare uno strumento fondamentale per la conoscenza del mondo e di noi stessi.