Testo e foto di Giovanni Mereghetti
Se all’impasto della tigella si aggiunge qualche ingrediente, se i quadrati di sfoglia diventano rombi e se alla leggerezza della sua cottura si sostituisce un salto nell’olio o nello strutto bollenti, ecco che la tigella si trasforma nel golosissimo gnocco fritto. Che del gnocco ha solo il nome, perché non appena l’impasto viene buttato nello strutto bollente si gonfia come un palloncino a forma di aquilone: una pancia vuota, pronta per essere addentata così com’è o tagliata e farcita con i salumi modenesi, i formaggi, la marmellata di prugne o di fichi fatte in casa, la ricotta freschissima, la nutella. E se ogni famiglia ha, come sempre, i suoi trucchi e il suo ingrediente segreto che rende una ricetta diversa dall’altra, sembra che a farina e sale dell’impasto della tigella si aggiunga un cucchiaino di strutto e all’acqua del rubinetto si sostituisca quella frizzante, per far gonfiare la pancia al gnocco. Niente lievito dunque, né latte, né zucchero nella ricetta originaria, ma chissà, bisognerebbe consultare i ricettari di tutte le massaie modenesi prima di scegliere quella da cui ottenere l’impasto che più piace a voi. Lo strutto di maiale è la morte, nonché la tradizione, della friggitura del gnocco che oggi viene buttato anche in oli di semi, purché sempre molto caldi.