Noi, e per diplomazia dovrei aggiungere a volte, abbiamo nei confronti dell’Altrove e dell’Altro la sindrome metabolizzata e quindi inconscia del colonizzatore europeo. Che arriva, mette i nomi ai luoghi, giudica i popoli.
Partendo da un planisfero che ha al centro l’Europa, caro studente, ora ti spiego il mondo. Ci abbiamo provato tutti a spiegare in classe il Giappone. Le isole che compongono l’arcipelago, i vulcani, la declinazione delle attività di uno sviluppo economico spinto. Probabilmente siamo anche convinti di esserci riusciti.
Io in Giappone non ci sono mai stata. Ma il dubbio sull’impenetrabilità del mondo orientale mi prese quando andai in Cina. Dopo aver letto il numero 27 di Erodoto 108 sull’Inafferrabile Giappone – da cui sono tratte tutte le successive citazioni – ho capito che ci avevo preso nel non aver capito. Effettivamente niente. Il nozionismo geografico è la base della conoscenza, ma non è la conoscenza, tanto meno la comprensione.
Cominciamo in classe dalla constatazione da Europei che i Giapponesi ci sembrano tutti uguali. Già questo fatto dovrebbe insospettirci: non sappiamo interpretare quello che vediamo. “Se uno fa il turista, con il pacchetto già confezionato, è come se stesse a casa. Viaggiare vuol dire rischiare, non nel senso fisico, ma nel senso psichico e spirituale, bisogna avere la curiosità coraggiosa di mettere il naso in altre culture e di cercare di capirle, di immedesimarsi. Per fare questo c’è bisogno di un certo tempo e di una certa disposizione d’animo”. Dacia Maraini “La neve di Hokkaido”.
In Giappone esiste un giardino all’interno del Tempio del Drago della Pace di Kyoto. Ci sono quindici pietre, ma da qualsiasi angolazione se ne vedono sempre e solo quattordici.
“Guardate questo giardino e sentirete i sensi corrodersi nell’inesaurito tentativo di cogliere la pienezza di un’esperienza creata invece proprio per lasciare irrisolti. Ecco la magia del Giardino delle Quindici Pietre, un assaggio di quella del Giappone tutto, dell’Asia intera: nessun saggio, nessun reportage, nessun mistico mi ha saputo spiegare così chiaramente la saggezza orientale quanto questo giardino, che muove tutti i sensi verso l’accettazione di ciò che c’è, che non sempre è ciò che si vede. Le quindici pietre costringono a viaggi d’esplorazione che lasciano sempre indietro, non trovata, una pietra diversa. Mi sembrava che questa fosse l’essenza stessa del viaggio, il succo dell’esperienza di ogni viaggiatore, arrivare in un posto che non esiste per come l’abbiamo pensato da casa (…) Nessun paese come questo aveva stimolato la mia testardaggine nel provare a dire ciò che si sente ma che non si capisce. Nessun paese, neanche l’India, schiaccia lo straniero nella sua irriducibile condizione di alterità” Luca Buonaguidi “Inafferrabile Nulla”.
La quindicesima pietra: un esempio molto semplice, comprensibile anche per degli studenti globalizzati e statici. Cominciamo immaginando in classe la pietra che non si vede, invece che fissare la posizione delle isole dell’arcipelago giapponese.
Aggiungiamo un’altra assenza piena di significato per avvicinarci al Giappone. Il valore del silenzio nella comunicazione.
“In Giappone il silenzio è alla base di qualsiasi comunicazione (…) L’immagine stereotipata di tutti noi occidentali del Giappone è di un Paese futurista dove luci, suoni, traffico, fiumane di persone, colorano le città grigie costellate di grattacieli e incroci da paura. Eppure non vi sentirete mai ubriachi di rumori, anzi. In Giappone il silenzio lo si percepisce in maniera tangibile in ogni spazio e in ogni aspetto della sua quotidianità. Non è semplice “assenza di suono”, ma è lo spazio libero in cui i suoni più rari e profondi riescono a emergere nella loro musicalità. Nel silenzio – il chinmoku -, nel non detto, si nascondono i significati più profondi (…) Il Giappone è un puzzle fatto di sguardi, silenzi profondi, e gesti rituali, dove tutti gli elementi trovano il giusto incastro. Bisogna percepire il silenzio nelle sue sfaccettature più complesse, andare oltre a ciò che si vede, e cercare di assaporare il mondo invisibile che ruota intorno al chinmoku (…) Con il vuoto/silezio si crea lo spazio per poter osservare,ascoltare, accettare”. Claudia Zancan “Le parole del silenzio”.
Il nozionismo geografico deve essere intessuto di quotidianità. D’altronde il paesaggio è nella percezione delle comunità che lo vivono. Non è un elenco di toponimi. Fate osservare alla classe i differenti valori comunicativi dei Giapponesi. E’ un esercizio di immedesimazione nell’arte del viaggiare.
Il Giappone è tradizione e modernismo. Assoluto modernismo. Per noi spesso incomprensibile perché la modernità non è coincisa con l’occidentalizzazione. Concetto fondamentale da passare agli eredi sui banchi di scuola dei colonizzatori europei che hanno invaso il mondo in nome della superiorità tecnologica e culturale dell’uomo bianco.
“Intimo giapponese”. Se volete imparare divertendovi è l’articolo giusto per affrontare in classe questa doppia anima giapponese. “E sei WC, i cessi, insomma, rivelassero l’anima di un paese?”. Leggete l’articolo di Agostino Falconetti e chiedete agli studenti di compilare una tabella a doppia entrata sulle atmosfere dei bagni tradizionali e sulle innovazioni di quelli futuristici e di concludere con un paragone con i nostri.
Domandate che cosa vuole dire l’autore attraverso questo racconto di viaggio. E come mai una rivista ha pubblicato il suo articolo. Raccogliete le risposte che dopo le prime risa diventeranno serie e indagatrici. E poi proponete le risposte ai quesiti dello stesso autore.
Agostino perché questo articolo?
“Sicuramente mentre vagavo per le profumate toilette giapponesi non avrei mai pensato di scriverci un articolo e poi che addirittura una rivista seria come Erodoto 108 arrivasse a pubblicarlo e collocarlo dopo un’intervista a Dacia Maraini. Come mai? Tutto nasce una sera per scherzo e per caso, alla presentazione ufficiale degli amici di Erodoto di Verona. Luisa lancia la proposta, quasi irriverente, a Paolo Ciampi che stava parlando di un prossimo dossier sul Giappone, tra un bicchiere di Valpolicella e una risata. Andrea Semplici scuote la testa come solo lui sa fare con il suo tipico scetticismo. Questa la genesi de “Intimo giapponese”. Perché questo impensabile articolo? Perché la parola fondamentale nel lessico del viaggiatore è: curiosità. Per la cultura di un paese, per l’Altro, per il cibo, per la natura e per il paesaggio. Ma anche per le abitudini di un popolo e per i suoi costumi. Per l’organizzazione sociale e perché no, anche per i suoi bisogni. La curiosità attira sempre nuove occasioni di vivere e diversifica le esperienze. È conoscenza. Io entrando nei “cessi” giapponesi ho vissuto un qualcosa di intimo che in anni di viaggi non avevo mai incontrato sulla mia strada. Andava rivelato. Dal racconto a voce sono passato alla scrittura. Da insegnante dico che, come “lancia” Luisa, si può proporre questo articolo in una lezione, può incuriosire (ecco la parola magica) gli studenti ed esercitarli ad impiegare la propria mente su terreni diversi, in maniera divergente.
Col sorriso. In ambiti diversi a quelli sui su cui persevera la geografia dell’arcipelago e dei vulcani”.
Perché Erodoto 108 lo ha pubblicato?
“Perché il “cesso” (termine popolaresco che poi alla fine ha appassionato il direttore) non è solo il suo tempo di utilizzo ma anche poesia. Perché rileva l’anima di un paese e persino la tavoletta si inchina al viaggiatore. Per me perché…è curioso.
Una delle parole più importanti per un viaggiatore è: Curiosità. Il viaggiatore sa che è essenziale, perché se dovesse mancare, allora cambierebbe tutto. La curiosità attira sempre nuove occasioni per vivere esperienze diverse e per conoscere qualcosa che non abbiamo ancora incontrato sulla nostra strada”.
Ecco dunque le risposte di Agostino. Riflettete allora sul fatto che un Paese è, al di là del nozionismo geografico, la sua quotidianità: ad esempio come si comunica con gli altri e come si risolvono le esigenze fisiologiche.
Concludete riproponendo il pensiero iniziale di Dacia Maraini e aggiungendo queste sue parole tratte dalla stessa intervista:
“Oggi più che mai c’è la possibilità di creare una grande identità universale basata sul riconoscimento dei diritti umani. Sarebbe il solo modo di evitare le guerre e gli odi etnici. Molti invece hanno paura di perdere l’identità che considerano monolitica e inamovibile. Vi si attaccano con i denti e con le unghie e ogni tentativo di farli ragionare frana in un irragionevole e sconvolto no al mondo”.
Dacia Maraini stigmatizza il fallimento del colonizzatore europeo che oggi si muove sotto le spoglie del turista di massa.
Tracciate in classe una linea di sguardo. Il prima e il dopo di questa vostra lezione sul Giappone. Lì nasce il viaggiatore. Poi cominciate ad elencare le isole dell’arcipelago. E i vulcani. E l’avanguardia industriale. Ma senza scordare di leggere anche tutti gli altri articoli sul Giappone di Erodoto 108 che possono raccontare questo Paese. Perché la geografia è una storia da narrare, un’esperienza da trasmettere nel tentativo di comprendere almeno in parte.
Luisa Fazzini, Agostino Falconetti (autore anche della foto)