Di Andrea Semplici

Sinossi del libro, Edizioni Polaris

Il 19 luglio del 1979, i sandinisti entrano a Managua. Il tiranno, Tacho Somoza, el malo, era fuggito due giorni prima. E’ l’ultima Rivoluzione del ‘900. E’ accaduto l’impensabile. Nel Centroamerica, un movimento armato conquista la libertà di un paese, da sempre considerato ‘terra privata’ degli Stati Uniti.

E’ la Rivoluzione dei poeti. In Nicaragua todos son poetas. I poeti hanno sparato, hanno ucciso e sono stati uccisi. Il capostipite della tirannia, Anastasio Somoza, era stato assassinato da un giovane poeta. Nel primo governo rivoluzionario vi erano cinque poeti. Uno di loro, Ernesto Cardenal, era un monaco trappista.  Raccontano che la prima legge del nuovo Nicaragua sia stata una poesia. Non è vero, ma tutti lo credono. E’ l’immaginazione al potere.

Io arrivo a Managua nell’estate del 1980. Per vedere la Rivoluzione. Avevo in tasca un solo indirizzo per trovare una pensione: ‘Donde fuè la casa de Teodolinda’. Managua, distrutta dal terremoto del 1972, non esisteva.

Non ero il solo ad andare in Nicaragua. Per dieci anni sono passati da Managua frotte di scrittori, poeti, artisti, quattro premi Nobel, intellettuali, cantanti. Poi, il sogno è finito. Ma non è svanito: è rimasto nell’aria. La poesia non è scomparsa: il terzo, fra i paesi più poveri del latinoamerica, scrive ancora poesie. Le legge. Le ascolta. Si appassiona. Fra i tassisti di Managua ci si saluta: ‘Buen dia, poeta’. Chiedi a un ragazzino cosa vuol fare da grande e ti risponderà: il poeta. Esci dall’aeroporto di Managua e trovi, quasi abbracciati, il rivoluzionario Sandino e il principe dei poeti in lingua spagnola, Rubén Darío. Come è possibile? Come è possibile che la poesia sia nelle vene della gente del Nicaragua?

Sono tornato in Nicaragua trentacinque anni dopo. Per incontrare proprio Ernesto Cardenal, il prete-poeta oramai novantenne. Non potevo andar via di nuovo. Volevo raccontare la storia dei poeti. E volevo fare i conti con la mia storia.

I poeti non hanno saputo costruire il loro sogno. Platone già lo sapeva, li aveva avvertiti, va a trovarli a Managua. I poeti replicano al filosofo: almeno noi siamo stati capaci di farla e di immaginarla una Rivoluzione.  E continuare a immaginarla è importante. I poeti hanno riso molto, hanno pianto molto in Nicaragua. Questo libro racconta di queste lacrime e di queste risate. Racconta di un fallimento e di un trionfo.