Testo e foto di Isabella Mancini
Fine del 1100 quasi 1200. Il sole brucia, la terra scricchiola, in cielo solo il volo di un colombo e il ronzare degli insetti. E’ in questa campagna riarsa che l’Arcangelo Gabriele decise di manifestarsi, ben due volte, a un giovane nobilotto della zona, dedito a gozzovigli e ai piaceri della carne: Galgano Guidotti. A lui si manifestarono gli Apostoli e Dio in persona gli indicò la retta via. Nel luogo di queste apparizioni Galgano lascio la sua spada infilata nella roccia a mo di croce e quello che fu il suo mantello di cavaliere lo avvolse fino alla morte come un saio. Quella spada divenne poi testimonianza della fede: tre ladri che cercarono di rubarla, rompendola soltanto, furono puniti con la morte, tranne uno, a cui i lupi staccarono le mani, i cui resti mummificati sono oggi esposti, a fianco della spada conficcata nella roccia dell’Eremo di Montesiepi.
La leggenda dei miracoli legati alla figura di San Galgano è stata tramandata nei tempi da diversi scritti antichi, Galgano fu santificato pochi anni dopo la morte e il suo culto si diffuse velocemente tra i cavalieri mentre San Michele arcangelo, diventò il protettore della cavalleria.
La spada, strumento di guerra, viene trasformato in uno strumento di pace; il mantello, strumento di orgoglio di un cavaliere, viene a sua volta trasformato in uno strumento di umiltà. La storia Galgano è molto simile a quella di San Francesco, entrambi abbandonano un mondo di divertimenti vuoti e corruzioni, per dedicarsi al prossimo e alla preghiera.
L’Eremo oggi è una chiesa a pianta circolare, struttura singolare per la Toscana e la cupola dai cerchi concentrici richiama al simbolismo pagano. File di pietre bianche si alternano a mattoncini rossi riprendendo un motivo delle tombe etrusco romane di Cerveteri o Vetulonia o la tomba di Cecilia Metella sulla via Appia a Roma. Dall’esterno non si vede la forma a cupola ma un cilindro in mattoncini rossi. La chiesa si trova su una piccola collina, avvolta da un boschetto che ricorda un’ara celtica o etrusca. E sono questi richiami a far pensare che proprio in questo angolino di terra si trovi il sacro calice dove Cristo ha bevuto nell’ultima cena terrena, il Graal.
La vicinanza a un luogo così sacro non ha risparmiato però gli affreschi del Lorenzetti, che abbellivano dal 1336 la cappella annessa all’eremo nei primi anni del Trecento: oggi sono molto deteriorati e le immagini ritratte si vedono con difficoltà. Tra queste piccole mura ancora si celebra la messa mentre nella grande Abbazia (1218-1288) costruita dai Cistercensi sembra aver seguito il declino della Cappella. Prima la carestia, poi la peste, tutto nei primi decenni del Trecento, poi i saccheggi delle Compagnie di Ventura tanto che nel 1474 i monaci abbandonarono il tutto e si trasferirono a Siena. Nei primi del 1500 fu messa in mano a un abate commendatario, quello che ebbe la geniale idea di far rimuovere la copertura in piombo del tetto della chiesa tanto che nel 1600 era un vero e proprio colabrodo. Fu abbandonata del tutto nel 1789 dopo il crollo delle volte del soffitto e dopo che un fulmine aveva fatto venire giù anche il campanile. La campana, opera del Trecento venne fusa. La chiesa fu sconsacrata ma i locali del monastero rimasero attivi come fattoria.
Oggi è visitabile dietro pagamento di un piccolo obolo.