Testo e foto di Marco Lovisolo
L’autista di tuk tuk, solitamente calmo e tranquillo, mi si avvicina con passo trafelato.
L’ho ingaggiato questa mattina presto, mentre andavo a spasso per il mercato di Munnar, in India, e abbiamo concordato di fare un giro delle piantagioni di tè per le quali questa località che si trova nel bel mezzo dei Western Ghats è famosa.
Per tutta la mattina Dhiraj è stato emblematicamente pacato: mai una parola fuori posto, mai un gesto di stizza, mai un moto di nervosismo. Ogni cosa affrontata con gentilezza e un sorriso.
Ma adesso no. Adesso qualcosa è cambiato.
Percorre rapidamente gli ultimi passi, quasi inciampando nei suoi piedi, fissa gli occhi nei miei e, sottovoce, mi dice:
“Devo chiederti un favore”.
“Non c’è problema. Quale?”
“Dovremmo far salire una ragazza indiana”.
“Per portarla dove?” chiedo io.
“All’ospedale”.
Silenzio.
“Ha le doglie” mi spiega Dhiraj.
Sposto lo sguardo e a pochi metri di distanza, sul ciglio della strada, vedo una ragazzina di non più di quindici anni, prossima al parto. Il marito, giovanissimo anche lui, e alcuni parenti le fanno compagnia. Sono poveri, non possiedono un mezzo di trasporto e non hanno nemmeno il denaro per pagarsi una corsa in tuk tuk.
Senza pensarci un secondo la facciamo salire e partiamo a rotta di collo in direzione dell’ospedale. Il resto della famiglia, incluso il marito, si dovrà arrangiare e trovare altri mezzi di trasporto.
Lungo la strada, aggrappato in qualche modo ai sostegni del mezzo che sfreccia rapidissimo lungo strade di montagna, la osservo di straforo: resiste stoicamente al dolore, ma è poco più di una bambina spaventata. Il grande momento è arrivato e lei non sembra essere pronta.
La fortuna e le capacità di Dhiraj ci permettono di arrivare in tempo all’ospedale di Munnar. Scendiamo di corsa e aiutiamo la ragazza a mettersi in piedi. Mi guarda fuggevolmente, in un leggero soffio mormora: “Thank you”, si aggrappa al braccio di Dhiraj e si dirige con fatica verso l’entrata dell’ospedale. Io rimango in piedi di fianco al tuk tuk, a guardarli mentre si allontanano. Osservo le mie mani: tremano. Mi siedo al posto dell’autista, bevo un sorso d’acqua e aspetto.
Dopo mezz’ora vedo arrivare Dhiraj: ha riacquistato la sua solita, affabile calma, mi informa che la ragazza sta bene e che adesso tutto è nelle mani dei dottori. Si mette al posto di guida e mi porta di nuovo in mezzo alle piantagioni di tè, dove il verde è così intenso e brillante da accecarti.
Un paio di giorni dopo, sono seduto a un tavolo di un piccolo ristorante di Munnar, intorno a me solo indiani. Casualmente alzo gli occhi verso l’ingresso e vedo entrare Dhiraj; i nostri sguardi si incrociano, ci sorridiamo e ci salutiamo da lontano. L’autista di tuk tuk ordina qualcosa al banco e poi viene a sedersi al mio tavolo. In India funziona così: se tu conosci una persona, la conosci per sempre e poco conta che il rapporto sia nato a causa di una fortuita transazione commerciale.
Mi dà una pacca sulle spalle, come se fossimo vecchi amici, e mi chiede come sto. Gli rispondo e subito dopo gli pongo la domanda che in quei giorni ha occupato i miei pensieri: come stanno la ragazza e suo figlio?
Dhiraj si siede, appoggia la schiena al muro e allunga le gambe.
“La ragazza sta bene, ha dato alla luce un bel maschietto sano e mi ha chiesto espressamente di ringraziarti per il grosso favore che le hai fatto”.
Rimango perplesso a fissare il mio interlocutore, il quale mi restituisce serenamente lo sguardo.
“Scusa, ma come potevate credere che tu ed io ci saremmo incontrati di nuovo? Munnar è grande ed io me ne sarei potuto andare via in qualsiasi momento”.
Dhiraj sorride gentilmente e mi risponde:
“Amico mio, era ovvio che ci saremmo rivisti. Tu hai fatto un bel gesto: hai lasciato da parte i tuoi interessi e i tuoi soldi per aiutare una persona che ne aveva bisogno. Molti altri non lo avrebbero mai fatto, puoi credermi. Quella ragazza e il suo bambino adesso stanno bene grazie a te e lei mi ha pregato di ringraziarti. Per lei era una questione fondamentale, quindi era impossibile che tu ed io non ci incontrassimo ancora una volta: non ti avrei potuto portare i suoi ringraziamenti e questo sarebbe stato inaccettabile”.
Dhiraj finisce il suo chai, si alza, mi sorride e conclude:
“Ora posso dirti addio. Che la strada ti sia amica”.
Si volta e si allontana con il suo passo tranquillo.
Da allora non l’ho mai più rivisto.
P.S. Questa vicenda l’ho vissuta insieme a mia moglie. Il testo è espresso in prima persona singolare perché in questo modo la scrittura mi risulta più semplice.
Marco Lovisolo è un viaggiatore seriale, zaino in spalla e penna in mano. A breve uscirà il suo libro “Lo zaino è pronto, io no”, nel quale sono raccolte alcune delle sue esperienze di viaggio. Il suo sito web è marcolovisolo.me