Testo e foto di Giuseppe Lotito/
Romagnano al Monte è arroccato su un crinale a picco sul fiume Platano che traccia il confine tra Basilicata e Campania. La parte storica, quella abbarbicata sul crinale, è abbandonata dal 1980, anno del terremoto che squassò l’Irpinia mietendo migliaia di vittime.
Il paese diroccato si schiude tramite un cancello verde come le tante primavere che ha visto in 35 anni di abbandono più totale, verde come la speranza di rinascere con la stessa gente che oramai è andata via nel paese nuovo, nato poco più lontano.
Accedervi in totale solitudine diventa un’esperienza unica scandita dagli ossimori che accompagnano tutti gli abbandoni, un’esperienza mistica, un viaggio nel passato che si mostra forte ad ogni passo, ad ogni respiro, ad ogni folata di vento. Ci si immerge in un agglomerato di ruderi, alcuni dei quali arredati come se ci fosse ancora la presenza di qualcuno, del resto il rumore provocato dall’otturatore della mia reflex viene spesso interrotto da strani scricchiolii che rendono Romagnano al Monte affascinante quanto angosciante, rumoroso nel suo silenzio e pieno di storie nonostante l’abbandono.