Testo e fotografie di Giovanni Mereghetti
Quando si parla di Bergamo, la memoria sportiva ci riporta alla mente il mondo del ciclismo. Ivan Gotti, Felice Gimondi e Paolo Savoldelli sono solo alcuni nomi di grandi campioni. Molti corridori, tutte le domeniche, pedalano nelle valli scalando le salite che portano verso le cime delle montagne della Val Seriana. Grandi pedalatori pieni di grinta. Questa è la gente bergamasca, uomini che non mollano mai.
Alla periferia di Albino vive una giovane famiglia senegalese. Il papà Omar fa il saldatore in un’azienda del paese e la mamma Mbene, invece, accudisce i tre figli: Papi, Adim e Abdul. Omar è in Italia dal 1989 e in questa zona della provincia di Bergamo è molto conosciuto. È un gran lavoratore ed è appassionato di quasi tutti gli sport.
Abdul è il primogenito. Da bambino, con l’incoraggiamento di papà, ha provato a cimentarsi nei pulcini della quadra locale di calcio. Ha fatto anche qualche tiro a canestro, ma gli sport di squadra non lo entusiasmavano. Qualche anno fa il datore di lavoro di Omar, che è anche il responsabile della squadra ciclistica di Cene, ha convinto il padre nel mettere in sella Abdul. Il ciclismo giovanile è ancora un ambiente sano. Occorre molto impegno e sacrificio se si ambisce a qualche risultato. Il piccolo Abdul è un bravo ragazzo e ha tanta voglia di fare. A scuola se la cava egregiamente ed è amato da insegnanti e compagni.
La tradizione sportiva del suo paese non annovera grandi campioni delle due ruote. Per lui il ciclismo è una grande novità. A Refisque in Senegal, dove è nato il padre, si giocava a calcio con gli stracci tenuti insieme dallo spago. La bicicletta è un sogno. Ma lui, Abdul, è nato ad Alzano e nelle sue vene scorre sangue bergamasco misto a quello africano, un mix vincente se usato con intelligenza.
‹‹ Tra poco inizierà la nuova stagione e Abdul deve decidere se correre in bicicletta o tirare calci al pallone ›› dicevano a Omar il datore ed i colleghi saldatori.
Basta poco per entusiasmare un bambino. Una luccicante “Vedovati” color blu notte ed è subito amore. Abdul è in sella e inizia a fare le prime “pedalate”. Gigi, il suo allenatore, lo segue con entusiasmo fin dall’inizio. Il neo-ciclista, nonostante la sua inesperienza col mezzo meccanico, ha già una bella impostazione sul suo cavallo d’acciaio. E’ ben disteso e impugna il manubrio con sicurezza. La testa è sempre bassa. Lo sguardo continuamente sempre rivolto verso la strada. Uno stile da vero cronomen.
Il papà Omar e il direttore sportivo sono entusiasti. Il piccolo ciclista africano diventa sempre più bravo. Tre volte la settimana si allena sulle strade nei dintorni di Albino. Nei giorni restanti si dedica agli studi e ad altre due grandi passioni: le camminate in montagna e il nuoto.
Quando inizia la primavera, la bandiera a scacchi è sempre pronta per il primo “via”. Eccolo alla partenza, gli occhioni da cerbiatto contrastano con la maglia bianco-celeste della società ciclistica di Cene. L’”Airone nero” è pronto per spiccare il volo. Chi ha praticato il ciclismo sa cosa significa confrontarsi con i corridori di queste parti. Nelle valli bergamasche i ragazzini hanno la bici nel sangue e quando si gareggia non esistono amici, si pedala e basta. Vince il più forte.
Il campioncino senegalese non ha paura del confronto. Lo si vede tirare il rapporto federale della sua categoria senza “saltare” sul sellino, le forze sono ben dosate e le traiettorie, disegnate nelle curve, sono come le pennellate di un artista. Nessuna sbavatura.
In quattro anni di attività ha collezionato dieci vittorie e numerosi piazzamenti, nonchè due titoli di campione provinciale bergamasco. Le magliette bianche, con gli stemmi giallo-rosso della provincia di Bergamo, sono posate sui trofei. In bella mostra nel salotto di casa, accanto agli oggetti di artigianato africano ai quali tutta la famiglia, orgogliosamente, tiene molto. A testimonianza delle loro origini.
Una domenica di settembre, dopo una gara nella bassa bergamasca, Abdul mi ha detto: ‹‹ Anche se qualche volta mi sento addosso la stanchezza e mi fanno male le gambe, amo il ciclismo. Nei momenti più difficili penso spesso al mio Paese, stringo i denti, abbasso la testa sul manubrio e ricomincio a pedalare. Come per incanto la fatica svanisce e ritrovo l’energia. Sì, perchè la mia famiglia è africana, e io, anche se parlo bergamasco, ho la pelle nera e so bene cosa significa la fatica e il sacrificio ››.
Nella cameretta di Abdul, vicino allo zainetto della scuola, ci sono due fotografie: una di Marco Pantani e l’altra di Damiano Cunego. ‹‹Quando studio storia o geografia, ogni tanto, guardo le fotografie dei miei idoli sportivi e mi perdo in qualche sogno ad occhi aperti ›› confessa Abdul.
I sogni sono la cosa più bella per un bambino, fanno crescere la voglia di fare grandi cose e di raggiungere obiettivi lontani.
Negli ultimi anni il Giro d’Italia ha fatto tappa a Bergamo. Abdul e i suoi compagni sono ancora troppo giovani per scalare il Passo San Marco ed emulare i grandi. Ma si tratta solo di aspettare, prima o poi sui valichi della Corsa Rosa ci passerà anche qualcuno di loro, magari con la maglia da leader.
La fotografia di Coppi che passa la borraccia a Bartali, su una salita del tour de France, è diventata un simbolo del ciclismo e dello sport. Mi piacerebbe rivedere una fotografia simile. Magari scattata sul Selvino, mentre Abdul passa una borraccia a un ciclista della San Marco di Vertova. Sarebbe il trionfo dei popoli.