Testo e foto di Isabella Mancini
Ci vogliono almeno un paio di ore da Niamey per raggiungere la riserva naturale dove vivono le ultime giraffe bianche dell’Africa dell’Ovest, una sottospecie dalle macchie più chiare sulla pelle.
L’Association de sauvegarde des girafes du Niger (Asgn) cerca di prendersi cura di questa specie e del suo habitat. Dal 1996, l’ASGN, in collaborazione con la popolazione della “la zone girafe”, a Kouré, un cantone del Niger con 45 villaggi a 60 km ad est della capitale Niamey, cerca di salvare dai bracconieri la sottospecie. Le giraffe vivono nella savana di Kouré, un ambiente di appena 42 kmq che condividono con una popolazione umana di oltre 80.000 abitanti.
La zona non è ospitale. La polvere rossa si alza da terra ogni alito di vento. La pioggia trasforma in sabbie mobili i sentieri non battuti. I villaggi sono capanne di paglia immerse tra gli arbusti. Le giraffe mangiano i raccolti e la convivenza con gli esseri umani non è sempre facile. Meglio da quando il parco della zona, grazie al turismo, fa entrare un po’ di soldi. Negli anni passati l’ecoturismo ha permesso di costruire due pozzi e due scuole, 700 capifamiglia hanno ricevuto dei finanziamenti di microcredito per permettere attività di rimboschimento e agricoltura in una delle zone più povere del paese ( si vive con meno di due euro al giorno). L’unico pericolo per le giraffe oggi sono gli uomini, i loro insediamenti, i bracconieri e i cacciatori.
Dal 1998 una legge del Niger proibisce la caccia alle giraffe e prevede 5 anni di carcere per chi la pratica ma il bracconaggio continua ad essere praticato e rischia di compromettere i piccoli successi ottenuti in quest’area. Infine, gli anni di insicurezza e stabilità politica con le scorribande dei terroristi, soprattutto al confine con la Nigeria, sono un altro elemento di forte disturbo nell’area soprattutto perchè il turismo, o come si può chiamare a questa latitudine il viaggiatore, è praticamente scomparso.
Le nuove campagne militari di controllo e pattugliamento dei confini, finanziate dall’Europa per contrastare le migrazioni dall’Africa, hanno reso l’area un po’ più stabile tanto da permettere a un piccolo gruppo di volenterosi di affrontare la savana, la stagione delle piogge e cercare di vedere tra le piante questi belissimi animali allo stato brado.