Testo e foto di Giovanni Mereghetti
Grande e rotonda, piena, pesante fino a una quarantina di kilogrammi, con una stagionatura dai dodici agli oltre trenta mesi certificata al consumatore da tre diversi bollini e cinquecentocinquanta litri di latte utilizzati per darle corpo senza alcun additivo aggiunto: questi alcuni numeri di una forma di Parmigiano Reggiano, il formaggio d’oro da un punto di vista nutrizionale. Ma non solo: di gusto, aroma, fragranza, consistenza, digeribilità, arte, tradizione, bontà che affondano le loro radici in tempi antichissimi. Testimonianze storiche dimostrano infatti che già ben otto secoli fa il Parmigiano Reggiano a distanza di poco dalla sua prima creazione aveva raggiunto un’eccellenza qualitativa straordinaria. Se il grande merito di questo successo va alla formazione geologica del terreno e alle particolari condizioni ambientali delle province di Parma, Reggio-Emilia, Modena e Bologna, dove gli allevamenti selezionati e curati permettevano di ricavare un latte di pregio, unico nel suo gusto e nelle sue proprietà, agli uomini va il merito ancor più grande di aver conservato e tramandato di generazione in generazione i metodi di produzione e stagionatura del Parmigiano Reggiano, non lasciandosi tentare dall’evoluzione tecnologica, ma continuando a fare il loro formaggio solo con latte e caglio, fuoco e arte, tanta pazienza e altrettanta passione. Non è un caso, considerato tutto ciò, che scaglie di Parmigiano Reggiano troneggino nei più raffinati aperitivi di tutto il mondo, che insaporiscano i primi più raffinati, che accompagnino i frutti di stagione, che seguano gli atleti nelle loro imprese più ardue, fino al trionfo.