Primo giorno d’autunno. Dovrebbe uscire il nuovo numero di Erodoto, ma vi faremo aspettare ancora un po’. Sarà un Erodoto a tema, sulle isole del mondo (non le italiane, abbiamo voluto essere esotici). Nell’attesa il blog si riempirà di isole, incominciando dalla più classica, il Lido di Venezia, con il suo fascino retrò. Il Festival del Cinema è finito da poco e da un cellulare è saltata fuori una foto…
foto e parole di Paolo Plinio Albera
28 maggio 2016. Lido di Venezia. Foto ritrovata sul cellulare.
Quel posto dove fanno il famoso Festival del Cinema, sdoganato in un altro periodo, pare una località balneare molto classica. Il Lido potrebbe essere considerato l’isola dell’isola, anche se ha una superficie più estesa rispetto all’isola di Venezia. Come se la Luna fosse un po’ più grande della Terra, pur se molto meno piena di cose.
Giunto per un weekend alla Serenissima attratto più dalla vacanza che dal turismo, questa foto coincide più o meno con la mia estate (anche se il 28 maggio estate non è) che a giudicare da questa foto sembrerebbe essere stata serenissima davvero.
L’albergo ha la convenzione con il bagno privato di fronte. Peccato che la stagione non sia ancora ufficialmente iniziata, dunque i bagni sono chiusi. Pertanto si consideri spiaggia libera ovunque.
I trattori hanno appena finito di rastrellare la sabbia, che ora è un tappeto completamente piatto, tirato a lucido per i prossimi tre mesi di balneazione, solcato ogni tanto dalle orme delle ruote giganti. È molto piacevole rompere con i piedi nudi la patina croccante di sabbia che modella i pattern dei copertoni e la tavola da biliardo della spiaggia. Questa sensazione è il primo ricordo che la foto mi restituisce.
Alla reception un francese dai grandi occhi azzurri e dai solerti bien-sûr. Terrazza con splendida vista sulla terrazza accanto. Famiglie di turisti olandesi riempiono i piattini di colazione internazionale che altro non è se non un apericena al mattino.
Le spiagge sono lunghe e larghe e bisogna camminare un po’ per arrivare al bagnasciuga. Entrati in acqua, c’è ancora un lungo cammino per arrivare a una profondità sufficiente per nuotare. Finito di nuotare, un altro lungo cammino indietro per ritornare in spiaggia. Ma camminare mette sete. E allora ulteriore camminata per raggiungere il chioschetto più vicino. Essendo abituato alla comoda angustia delle coste liguri, tutto questo scarpinare scalzo mi colpisce.
Lo spritz del chioschetto all’angolo con il Lungomare D’Annunzio è cento volte meglio di qualsiasi dei succedanei che abbiamo a Torino.
Queste sono le spiagge di “La morte a Venezia” di Thomas Mann, dove l’anziano protagonista si innamorava perdutamente di un bellissimo adolescente, Tadzio. È un racconto di una grazia incredibile che mi sorprendo a ricordare molto bene anche se letto diversi anni fa.
Se ti piacciono le cose belle c’è il Liberty. Oppure, se sei uno di quelli che non resistono al fascino dei ruderi e delle rovine (ne conosco un bel po’), fatti un’avventura dentro allo sterminato ex ospedale abbandonato, autentico paese dei balocchi per te che ami le cose dimenticate che cadono a pezzi e non si capisce perché sei venuto proprio a Venezia.
È molto carino stare al Lido anche perché di notte è l’unica isola non isolata, c’è sempre un vaporetto che da Venezia ti riporta qui. Vai a vedere Venezia e i vaporetti saranno la tua grande ossessione. Altro che Serenissima. Al Lido invece fanno la loro ricomparsa entità di cui in Laguna avevi rimosso l’esistenza: i pullman.
È una pena scattare foto in spiaggia: cellulare scadente, sole che picchia, display completamente buio per la troppa luce, dita inzaccherate di sabbia… ma se social vuoi apparire un po’ devi soffrire. Se questa foto alla cieca riscoperta postuma mi ha fatto tornare in mente tutto ciò, ne è valsa la pena.
Paolo Albera, 36 anni (che è diverso da dire “nato nel 1979”: se gli autori di questa rivista si dimenticheranno di aggiornare l’età potrà essere giovane forever), scrive di matrimoni, musica e un quartiere di Torino che si chiama Polo Nord, in cui vive.