Testo e foto di Alessio Duranti

Sette giorni ai piedi del Gran Sasso tra la val Maone e Prati di Tivio e dall’altro versante l’immensità di Campo Imperatore. Partiamo la mattina presto, da Pietracamela, e poi saliamo su per il Bosco Vetusto fino a raggiungere la cresta dell’Arapietra.

Mi piace partire basso, perdermi tra gli alberi e lentamente salire accompagnato dal suono delle foglie. Mi piace ancora di più se costeggiamo un fiume. Sarà la compagnia delle piante, il suono e il fresco dell’acqua, il rumore del vento.

Saliamo in tre, io lei e Zeno, instancabile camminatore. Meticcio puro che segue tracce e annusa l’aria. Pavese scriveva ne “La casa in collina”: È bello girare la collina insieme al cane: mentre si cammina, lui fiuta e riconosce per noi le radici, le tane, le forre, le vite nascoste, e moltiplica in noi il piacere delle scoperte.”

Lui è felice, scodinzola, corre, ci osserva, non ci abbandona mai. Noi godiamo del bosco, del cammino e della sua felicità.

Lasciamo il bosco alle spalle e davanti a noi si apre la cresta dell’Arapietra che dolcemente sale e si fa sentiero, una porta che conduce su tra il Corno Grande e il Corno Piccolo.

Sul sentiero che porta verso la Sella dei due Corni si trova l’Albergo Diruto, una struttura costruita nel 1935 e incompiuta.

Sulla prima guida del Gran Sasso d’Italia del 1888 Enrico Abbate scrive “Non essendovi un luogo ove poter pernottare, il percorso da Isola o da Pietracamela alla vetta è molto difficile a compiersi in una sola giornata. […] Fino a che, quindi, ad Arapietra […] non venga costruito un rifugio, che sarebbe utilissimo per le ascensioni da questo versante, sia estive, sia invernali”.

Ci fermiamo. Un panorama infinito che va dalla valle del Vomano fino al mar Adriatico e poi i due Corni, il Monte Prena , il Monte Brancastello, l’intermesoli, i Monti della Laga e il Monte Camicia. “La costruzione venne progettata dall’ingegnere Nicola Forti nell’immediato dopoguerra che si innamorò della montagna combattendo sulle Alpi e una volta tornato in Abruzzo non poté resistere al fascino del Gran Sasso, che vedeva dalla sua casa”.

I lavori iniziarono negli anni ’30 ma furono interrotti a causa della guerra e negli anni successivi fu saccheggiato, furono divelte le finestre, rubato il ferro e gli altri materiali e fu danneggiato il tetto. Ben presto la costruzione divenne il simbolo di quella bellissima cresta.

Negli anni ’70 e poi negli anni ’90 ci furono dei tentavi per completare la costruzione dei questo albergo e nel 2016 l’Architetto Daniele Ideale Costanzo dedica la sua tesi, Recupero di un Rifugio nel Parco Nazionale del Gran Sasso, all’albergo e sostiene che “L’intuizione dell’Ingegnere riguardo l’Albergo Diruto è ancora attuale”e sottolinea che “La costruzione, accessibile sia dal Passo di Cima Alta sia tramite la cabinovia di Prati di Tivo, risulta fruibile tutto l’anno grazie alla sua posizione e alle sue dimensioni e possiede grandi potenzialità per un tipo di rifugio del tutto assente nella zona. Una volta recuperato e restaurato, potrebbe ospitare non tanto gli alpinisti e i rocciatori – che potrebbero continuare ad utilizzare il più alto Rifugio Franchetti – ma soprattutto escursionisti, scolaresche, corsi Cai, associazioni o altri enti che, grazie alla grande sala, potrebbero avere lo spazio necessario per lezioni, proiezioni ed altre attività”.

Lui è ancora lì, incompiuto e fiero, a segnare un confine tra un arrivo o un partenza, luogo di sosta, di sguardi e di idee, dimora per il vento e riparo per gli animali.

Fonti: Storia dell’“Albergo diruto” la grande incompiuta sulle pendici del Gran Sasso,  www.ilcentro.it, 15 luglio 2018.
L’Albergo diruto sull’Arapietra. Considerazioni su un possibile recuper di Daniele Ideale Costanzo in  L’appennino, LXV n.1/2017, pg. 7, Club Alpino Italiano Sezione di Roma