di Letizia Sgalambro
Ho trascorso il mio capodanno al cinema, a vedere Lion, che racconta la storia vera di un bambino che a 5 anni si ritrova da solo a Calcutta, lontano dalla famiglia. Dopo una serie di vicissitudini verrà adottato da una splendida famiglia australiana nella quale si ambienterà perfettamente fino a quando non inizierà a ricordare la sua vita in India e a sentire fortemente il desiderio di rincontrare la madre.
Il film è recitato in maniera esemplare sia dal Saroo bambino che dall’interpretazione del giovane adulto, ed è un susseguirsi di emozioni che arrivano dritte al cuore. E’ un film che affronta tanti temi, fra i quali quello dell’identità.
Come si costruisce la propria identità? Chi ci condiziona maggiormente? L’ambiente? La famiglia? La nostra storia passata? Una volta costruita l’identità rimane fissa e costante o si modifica a seconda degli eventi?
Saroo, nella sfortuna di perdere la madre, ha avuto la fortuna di essere adottato da una famiglia benestante che gli ha offerto possibilità che restando in India non avrebbe mai avuto. La sua identità si è costruita con il nuovo legame, ma a un certo punto quando i ricordi riaffiorano, sembra sgretolarsi, nell’angoscia di capire chi è e quali sono le sue radici.
Probabilmente a ognuno di noi, nella vita, sia capitato di chiedersi chi siamo, e soprattutto se avendo avuto possibilità diverse, o avendo fatto scelte diverse, saremmo stati altre persone. Non c’è bisogno di aver perso la famiglia per ritrovarsi a vivere con un se fossi invece che con un io sono, ma questo a lungo andare ci provoca dolore e ci fa fermare. Io credo invece che ogni occasione che ci capita contribuisce ad essere ciò che siamo, anche gli accadimenti che non ci piacciono, o che ci sembra vadano in una direzione diversa da quella desiderata.
Saroo, dopo aver affrontato l’angoscia e essersi chiuso agli affetti più cari, affronta una nuova apertura, decide di confrontarsi con il presente e con il passato, senza rinnegare niente. E’ questo l’atteggiamento che ci fa vincere, andare in ogni caso avanti, confrontarsi anche con il dolore, tenere in ogni caso i piedi per terra.
Questo è il mio augurio per il 2017: sentirsi radicati dovunque siamo, affondare le radici sotto la terra che ci accoglie, e da lì osservare il mondo e iniziare una vita piena.
In bocca al lupo.