Testo e foto di Ulrike Raiser

Chi ha avuto la fortuna di andarci lo sa bene: l’Islanda è la perfetta ambientazione per una saga epica. Qui, dove si può ancora ammirare la terra nella sua forma più primitiva e potente e dove sono ambientate le affascinanti saghe medievali che raccontano i difficili secoli del dominio norvegese e danese, il tempo sembra avere una dilatazione diversa da quella che scandisce solitamente la nostra quotidianità. Questa, perlomeno, è la sensazione che ho avuto io nel mese on the road che ho trascorso quest’anno in Islanda, probabilmente perché qui il rapporto tra uomo e ambiente è ancora molto genuino e la natura è colei che detta i tempi dell’esistenza.

Muoversi tra geyser, fumarole, distese di colate laviche e vulcani permette di recuperare un certo silenzio interiore e di vivere una pausa rigenerante e sincera dalla caotica vita che, ahimè, spesso conduciamo. Camminando tra i paesaggi islandesi seguendo i tracciati dei più famosi trekking, come quello del Laugavegur, o percorsi sconosciuti ai più, come quelli nella Hornstrandir Nature Reserve, non mi sarei stupita di veder arrivare antichi guerrieri a cavallo e di sentire il clangore delle loro spade.

È così che mi piace raccontare di questa terra ai miei alunni, per far in modo che possano almeno immaginare questa atmosfera così particolare e poi, un giorno, andarla a vivere direttamente sulla loro pelle (come, sempre, mi auguro e, soprattutto, auguro a loro di diventare instancabili viaggiatori…).

C’è, però, una curiosità sugli islandesi che rende l’Islanda una terra ancora più epica di quello che già è paesaggisticamente parlando: l’utilizzo dei patronimici. Questa parolina, che nelle prime lezioni sull’Iliade e sull’Odissea fa sempre un po’ paura agli alunni (chissà mai cosa vuol dire, oddio, non me lo ricorderò mai…), in Islanda è ancora molto attuale. Già, perché gli islandesi non utilizzano il cognome, come facciamo noi, ma danno ai propri figli un patronimico, ottenuto aggiungendo al nome del padre il suffisso -son, se si tratta di un figlio maschio, o il suffisso -dòttir, se si tratta di una bambina. Il figlio di un certo Karl, ad esempio, avrà come patronimico Karlson, mentre la figlia sarà Karldòttir. Ultimamente, inoltre, accade sempre più frequentemente che si decida di dare come cognome un matronimico, aggiungendo quindi i suffissi sopracitati al nome della madre, oppure che si usino entrambi, sia il patronimico che il matronimico. Non esiste però un cognome in grado di attraversare in modo intatto le generazioni, trasmettendosi di padre in figlio, di figlio in figlio e via dicendo. Questo comporta, quindi, che nell’elenco del telefono gli islandesi siano elencati alfabeticamente in base al nome e non al cognome, cosa possibile in un paese di poco più di 350.000 abitanti.

Ecco quindi che tra la geografia e l’epica si colloca un ponte che permette ai ragazzi di muoversi tra un passato mitico e un presente epico. Raccontare questa piccola particolarità sugli islandesi fa sempre nascere negli alunni una forte curiosità nei confronti dell’Islanda, su cui vorranno sapere molto di più (e qui il docente può aprire una parentesi enorme, perché ci sono davvero mille informazioni singolari da poter dare su questa terra), e al tempo stesso li aiuta a comprendere un po’ meglio il linguaggio dell’epica. Legare con un filo che passa attraverso epoche lontanissime un certo Harpa Karlson, nostro ipotetico contemporaneo islandese e discendente degli antichi guerrieri vichinghi, e il Pelide Achille, eroe indiscusso dell’Iliade, non è quindi così bizzarro!

Solitamente una lezione del genere finisce con un momento alquanto divertente, dato che i ragazzi provano a trovare il loro patronimico… ed ecco allora una serie di Marco figlio di Giovanni, Beatrice figlia di Diego, Antonio figlio di Daniele etc. etc. Alla lezione può poi seguire una breve ricerca da far fare agli studenti per capire dove nel mondo, ancora oggi, si utilizzano i patronimici. Scoprirete così che in Russia, ad esempio, ogni persona possiede sia un cognome che un patronimico e che anche alcuni cognomi italiani, come Mattei o Di Giovanni, erano in origine dei patronimici!