Testo e foto di Letizia Sgalambro

Sono sempre stata appassionata dall’ingegno umano, specialmente quello che realizzava opere maestose quando ancora le tecnologie che ci sono adesso non esistevano, e lasciava traccia di come l’uomo può elevare la sua condizione per arrivare all’eccellenza.

E ingegnoso mi pare l’aggettivo adatto per descrivere il Cisternino di Piano di Rota, voluto dall’architetto Poccianti poco meno di 200 anni fa. Era chiamato anche “Purgatorio”, perché aveva lo scopo di purgare le acque che scendevano dalle collie livornesi per portarle poi, -attraverso un acquedotto costruito ricalcando lo stile romano con grandi archi lungo tutto il percorso-  in quella che era allora la seconda città del Granducato di Toscana per numero di abitanti e immagazzinarle nel Cisternone, opera identica alla prima chiamata anche “Gran Conserva”.

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La Gran Conserva nel centro di Livorno

Poiché, secondo Poccianti, l’acqua era sacra, all’interno del Cisternino ci sono elementi che ricordano il sacro, insieme a dettagli che esprimono la bellezza anche nei minimi particolari. Adesso, percorrendo il corridoio che sovrastava il livello dell’acqua, possiamo solo immaginare il gioco di luci che si dovevano creare con i raggi del sole che entravano dalle finestre e, se non si sapesse di essere in una cisterna, potremmo immaginarci di essere dentro un ambiente sacro. L’interno è costruito infatti sullo stile di una chiesa dal vago sapore arabeggiante, con doppia abside e infinite volte.

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L’interno del Cisternino

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L’interno del Cisternino

 

Le enormi vasche riuscivano a conservare l’acqua fresca, grazie ad un elaborato sistema costruito nel sottotetto. Qui si possono ancora ammirare diverse cupole che avevano lo scopo di trattenere il calore, grazie ad un gioco di pieni e vuoti, e quindi mantenere refrigerata la parte sottostante.

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Il sottotetto

Il sottotetto era frequentato solo da tecnici e operai addetti ai controlli, ma ugualmente è stato costruito seguendo i canoni della bellezza, e anche i tappi delle cupole, che venivano aperti o chiusi all’occorrenza, avevano al loro interno incisioni floreali.

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E’ questo l’ingegno che mi attira: di chi ha talmente tanta passione da voler curare anche i minimi particolari.