Testo e foto di Isabella Mancini

Chi guarda cosa? Chi vive cosa? Sembra così lontano il tempo in cui si guardavano, tra lo stupito e il compatito, le comitive di turisti orientali armate di macchine fotografiche pronte ad immortalare monumenti e autoctoni come fossero a un safari.

Oggi per poter immortalare un monumento sgombro da orde di turisti, o viaggiatori, si deve far vota a uno degli innumerevoli dei che la globalizzazione offre alla conoscenza dei più. Selfie, pose di plastica, ore passate davanti ai tutor online per poter capire come realizzare la foto giusta, quella dove non si vede il doppio mento o che slancia verso l’alto. Davanti alla torre pendente si accalcano uomini, donne e bambini provenienti da ogni angolo del mondo. Tutti lì, che tentano di sostenere la torre inclinata da secoli. Davanti al tempio di Angkor Vat si sgomita già alle 4 del mattino per aggiudicarsi la posizione giusta che consenta l’inquadratura tale da veder specchiato il tempio nell’acqua appena il sole colora la notte. A Zaanse Schans, in Olanda, non c’è un singolo mulino che sia sfuggito a inquadrature da cartolina. Pecore, capre, mucche osservano indifferenti questo affannarsi umano nel tentativo di fermare un ricordo. Pose, sorrisi, mani alzate al cielo. Quando le memorie degli hard disk saranno piene, poi, cosa accadrà a tutta questa dedizione per vivere l’istante?