Testo e foto di Alessandro Balduzzi

L’avamposto di Solitaire

Solitario 1. chi ama stare solo. 2. grosso e prezioso brillante incastonato da solo in un anello o in altri gioielli. 3. nome generico di diversi giochi di carte per un solo giocatore, il cui scopo è di ottenere determinate combinazioni.”

Che ami o meno stare solo, l’avamposto di Solitaire deve fare di necessità virtù vista la sua posizione eufemisticamente defilata all’incrocio della C14 che unisce Walvis Bay e Bethanie e della C24 Rehoboth e Sossusvlei. E per quanto le sabbie della Namibia centrale contribuiscano alla sua opacità piuttosto che a un’improbabile brillantezza, Solitarie rappresenta fuor di dubbio una sosta preziosa per i viaggiatori che dalla costa atlantica si dirigono verso Sossusvlei, l’area più nota nel deserto del Namib. Laggiù nutrimento per gli occhi e lo spirito, invitato alla contemplazione ascetica del dialogo tra le dune aranciate, il bianco fondo salino di depressioni aride per gran parte dell’anno e la verticalità nera di fusti d’acacia fossilizzati. Quassù, a Solitaire, ristoro per il corpo e per i serbatoi, trattandosi – provenendo dalla costa – del primo punto in cui fare benzina, mettere qualcosa sotto i denti o far dare un’occhiata al proprio mezzo dopo oltre 230 chilometri e tre ore e mezza di viaggio. Per finire la nostra rassegna onomastica, poi, il gioco di carte è forse uno dei pochi passatempi per chi a Solitarie rimane anche quando, passata la stagione turistica che grosso modo dura da maggio a ottobre, questa manciata di edifici dismette la sua veste di frequentato autogrill e ripiomba nella sua polverosa sonnolenza.

Malgrado sia composta solamente da una stazione di servizio, una drogheria, una cappella e un panificio con caffè annesso, Solitaire può dire qualcosa della Namibia. Con il Paese nel suo insieme, condivide certamente l’isolamento, caratteristica saliente di un territorio che grande poco meno di Francia e Germania assommate conta su una popolazione di circa 2,5 milioni di persone. La scarsità di insediamenti e la conseguente distanza tra di loro in un ambiente discretamente ostile all’uomo ricopre il tutto di una patina di pionierismo, eredità dell’epopea del Trek che ha visto in queste aree giungere carovane dal Sudafrica cariche di aspettative e – in taluni casi – prospettive messianiche riecheggianti nei nomi di alcuni centri dell’area (dalla Rehoboth citata dalla Genesi o la Bethanie evangelica in cui avrebbe avuto luogo la resurrezione di Lazzaro).

Welcome

E la storia passata emerge anche da ciò che forse maggiormente sorprende il viaggiatore di passaggio: una torta di mele. Solitaire, in realtà, è nota in tutta la Namibia per la sua Apfelkuchen, dolce che nuovamente reca nel nome echi di epoche trascorse, quando qui si era nell’Africa occidentale tedesca. Io in Namibia ci sono stato proprio con un gruppetto di tedeschi, e trovare in quest’avamposto australe aroma di Mitteleuropa ci ha lasciati indecisi tra il compiacimento un po’ melenso di chi trova anche agli antipodi una fetta di casa e la perplessità mista al senso di colpa di chi si chiede: riusciremo mai a fuggire dai fantasmi dell’Europa? A dire il vero, infatti, il pionierismo boero e il colonialismo alla Bismark avevano un’allure romantica solo agli occhi di coloro i quali ne furono gli artefici; e forse neppure loro erano così intrisi di spirito missionario da anteporre presunte ambizioni civilizzatrici a un pragmatismo macchiato di sangue. Chi, invece, da autoctono questi fenomeni li ha subiti e ne ha sofferto ha avuto la prontezza di spirito di serbare quel poco di buono ereditato da un passato buio pesto. Ha serbato questa torta di mele, in questo luogo sperduto, che conduce al deserto. Per venderla poi a quei turisti che a sud del tropico del Capricorno cercano ancora un caffè bavarese.

Torta di mele a Solitaire