Tra quotidianità e caute illusioni

Testo e foto di Francesco Parrella

Nella capitale culturale del Myanmar le strade sono indicate con i numeri anzichè con i nomi. Mandalay è una città trafficata, inquinata, caotica, con una rete viaria simile a quelle occidentali: grandi viali da est ad ovest s’intersecano con altre strade, e un contesto sociale tipico del Sud est asiatico. Qui in particolare, le donne e i bambini, raramente gli uomini, applicano sul viso una crema tra il giallo e il bianco ricavata dall’albero dalla corteccia dei Thanaka, un albero simile al Sandalo, per proteggersi dai raggi UV. Gli uomini indossano il longyi, una stoffa di due metri fissata con un nodo alla vita, che scende fino alle caviglie. Tutti portano gli infradito. Nei luoghi sacri del Buddismo, che qui e nei dintorni sono tanti, non servono neanche quelli. Si cammina scalzi.
La sera, se non fosse per le insegne luminose dei negozietti che animano i marciapiedi durante il giorno la città rimarrebbe completamente al buio. L’assenza di illuminazione pubblica riguarda gran parte dell’abitato.

Mandalay capitale culturale Myanmar

Nei locali due ore prima della mezzanotte i camerieri hanno già finito di sparecchiare gli ultimi tavoli. I turisti, pochi, che viaggiano durante la stagione delle piogge, tornano nei loro alberghi. Per strada, all’esterno di una cucina che serve noodles e tazze di brodo caldo, un televisore con accanto una parabola trasmette un film in bianco e nero. I clienti che hanno appena finito di mangiare seguono attenti le scene del film e sembrano felici. I giovani affollano i multiplex. Ci sono lunghe file alle biglietterie. Pellicole indiane con musical e film fantasy. C’è entusiasmo. La maggior parte arriva in motorino, che qui, oltre ad essere utile è anche molto alla moda tra le ragazze soprattutto.

Mandalay capitale culturale Myanmar

L’entusiasmo non sembra contagiare invece il tassista del «mio» motorino. Sarà la bassa stagione che porta pochi turisti e pochissimo lavoro o la concorrenza subìta nell’ultimo anno con l’ingresso dei risciò nel mercato del trasporto privato, ma il suo umore è basso e si mischia alla noia. Ritrova lo smalto solo parlando dell’alta stagione quando per qualche mese si lavora tutti i giorni. “Cento dollari al mese per un salario medio non bastano neanche in Myanmar”, riflette un istante. E accenna un paragone: “Fino a pochi anni fa una scheda sim costava trenta dollari e navigare era difficile. Ora con un dollaro navighiamo tutti in 4G”. Con lo sguardo ritorna poi sul telefonino, e il film che le chiacchiere di fine corsa avevano interrotto riprende a girare.

Mandalay capitale culturale Myanmar

Mandalay Hill è la collina a nord-est del centro che ospita un tempio buddista; è tradizione prima del tramonto salire la collina a piedi o in motorino e guardare il sole che tramonta sulla città e sul fiume Irrawaddy. I giovani monaci sorridono e scattano selfie con i viaggiatori stranieri. Salgono qui ogni sera anche per conoscere altri popoli ed esercitarsi con l’inglese che in città in pochi parlano. I turisti lo sanno. E scambiare due chiacchiere con i monaci è diventato parte della visita. L’atmosfera rilassata della conversazione s’interrompe quando uno di loro racconta dell’intensificarsi del conflitto armato tra l’esercito e gruppi di militanti armati nello Stato di Shan, non poi così lontano da Mandalay, uno di quei conflitti dimenticati che durano da cinquant’anni. Parla di decine di morti in una sola notte a settembre. Lì vive la sua famiglia. Ha paura. Poi allarga le braccia e dice: “Purtroppo noi monaci non possiamo fare nulla, solo pregare”.

Mandalay capitale culturale Myanmar

In città c’è voglia di normalità. Ogni mattina migliaia di persone affollano il Jade Market, il mercato della Giada. Un enorme capannone dove si contrattano le pietre preziose e si fa anche la smerigliatura delle gemme. I birmani vendono, ma il prezzo lo fa chi compra, quasi tutti cinesi. Il mercato chiude alle 15. Gli stranieri dovrebbero pagare un biglietto d’ingresso come recita un cartello, ma non c’è nessuno a reclamarlo.Al tramonto il sole non è più una minaccia e anche l’aria si rinfresca. Il viale pedonale lungo il fossato che circonda il palazzo reale si riempie di gente: giovani in sella ai loro motorini, persone di mezza età che praticano jogging, indovini lì pronti a predire il futuro, a cui gli abitanti di Mandalay guardano ma senza troppe illusioni.