In scena a Pistoia fino al 28 settembre lo spettacolo “Obludarium” dei Fratelli Forman.

Testo di Maria Di Pietro – Fotografie di “The Forman Brother’s Theatre

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“Per me sono più vere le cose che mi sono inventate ”.
Per creare il mare usò semplici fogli di plastica azzurra e sotto nascosti rulli meccanici che ruotavano avanti e indietro così da creare l’illusione delle onde, un mare reale dinanzi gli occhi di chi osservava.
Entrando in questo bizzarro edificio colorato, il tempo si ferma e ci trasporta nello spazio del sogno, dove il ricordo a Fellini è imminente da come le immagini si muovono e dall’artigianato delle macchine d’illusioni create e svanite nello stesso momento.
Obludarium è un’eccezionale macchina teatrale: un tendone sublime che sembra racchiudere tutta la creatività partorita dalla stranezza. Il centro del palco ruota, tutti i sogni in un cerchio giocano con i ricordi e la fantasia. Tutto d’improvviso avviene e non resta che immergersi in quel girotondo che regala, lasciando nulla al caso, atmosfere da circo, teatro e cabaret.
Abbandonato, lo spettatore è invitato a toccare in quell’esistenza reale quella pioggia di visioni “obludarium”.
Sin dall’inizio è condotto in un mondo magico, su una balconata, dove non è chiaro chi sia in gabbia, e proprio come in un sogno è prigioniero di emozioni e atmosfere spettacolari. Una musica dal vivo aleggia tutto intorno, strumenti a fiato creano poesia tra i colori e le risate grottesche.
E’ la curiosità a farla da padrone, la bellezza di una luce soffusa, assente e d’improvviso accecante.
La pista si riempie di marionette, pietra miliare della tradizione ceca. Ombre disegnano clown e pupazzi, ci sono ballerine e strane teste giganti che con una sensibilità infantile e delicata ci parlano di quel mondo dove vivono “gli esclusi”. Sono loro a dover guadagnarsi la nostra attenzione, che sull’onda di una continua magia senza mezze misure ci porta a guardare la bellezza non come canone classico, ma come verità. Lo stesso regista afferma “Stimolano i nostri sensi: ci rubano la serenità e l’illusione che il mondo sia bello perché ci ricordano che in esso esistono anche la disperazione e la debolezza. Abbiamo paura di loro e questo è forse il motivo per cui li feriamo, nonostante ci diverta conoscere il loro destino. Questa serata è dedicata a loro.”

Si riflette, ci si perde e si ride.
Momenti scandiscono l’avvicendarsi dei minuti che volano come i personaggi nel cerchio del tendone. Una donna sale in alto con l’aiuto di un uomo che, scivolando su un palo meccanico, fa fluttuare la sua veste che copre tutta la scena di bianco, mentre ombre cavalcano sotto il suo abito.
Sono visioni o è realtà? E’ poesia, tutto il resto non conta.
Per una sera, come in un sogno, possiamo credere di vivere da persone diverse.
Descrivere obludarium non è cosa semplice.
Si può descrivere la fantasia, il confine tra realtà e immaginario? E’ su quel confine che troviamo un bambino pieno di nostalgia che vive in ognuno di noi. Come disegni di Tim Burton inventa figure surreali, scompone e ricompone visioni, le colora di cupa luce e cancella ogni normalità, perché questa annulla la fantasia.
Ed è così che verso la fine dello spettacolo la donna dalla veste bianca cavalca un cavallo di legno rendendolo sinuoso come il suono di un carillon, mentre le tre figure che hanno divertito e cancellato la loro diversità, si siedono dinanzi ad un grammofono che suona il rumore del mare.
E pesci colorati di luce galleggiano tra gli attori e gli spettatori di uno stesso sogno.

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