Domenica scorsa, a Spoleto, è morto Caio Mario Garrubba, uno dei grandi nomi della fotografia italiana del ‘900.
Testo di Vittore Buzzi
L’impegno sociale, la fotografia come strumento e non come fine, uno stile meno retorico e spettacolare di molti suoi contemporanei , meno calcato e per questo meno incline al linguaggio tipico del potere ma così moderno.
Molto vicino a Goffredo Parise, Garrubba ha viaggiato molto, molto ha raccontato il sud d’Italia, la Cina e il mondo del blocco socialista.
Uomo schivo, aveva uno sguardo dolce, di amore nei confronti di uomini e donne che sognavano il mondo nuovo vagheggiato dal comunismo, quel mondo che , nonostante tutti gli sforzi, non è mai arrivato.
In questi giorni in molti che lo avevano accantonato lo hanno ricordato altri che non lo hanno mai capito, troppo vicini alla storia ufficiale (e spesso così amatoriale) della fotografia italiana hanno trovato l’occasione per sminuirlo ancora.
Penso che Cesare Colombo ne abbia colto l’intima profondità e con una lucidità fuori dal comune così ne parla: “Pochi ricordano le foto di Caio Garrubba, quasi mai organizzate in servizi ampi e completi. Ma proprio i suoi antichi esordi su Il Mondo mostrano uno sguardo bressoniano nella immediatezza e tuttavia diverso nelle ‘motivazioni’ dell’ accostamento al soggetto. L’ adesione, la vicinanza culturale ed etica di Caio al popolo di Napoli, ad esempio, o alle borgate di Roma chiarisce una diversità assoluta dal modello di Henry Cartier Bresson. Caio era senz’ altro un comunista-fideista, ma trasferiva la sua solidarietà verso gli umili in forme umanissime. Molto lontane dallo scetticismo – o cattiveria – di HCB maestro nell’ attacco ‘distaccato’. Che in Italia non si è mai curato di capire il nostro carattere, chiudendoci in formidabili stereotipi. Forse i modelli ‘umanistici’ francesi per Caio sono stati altri : Boubat, Doisneau, Izis. O meglio, potevamo riconoscere nei suoi sguardi l’ eco del cinema italiano migliore, quello di De Sica-Zavattini o sopratutto di Rossellini. Nessuno come lui in quegli anni sviluppò una pietas perfettamente colta ed organizzata sul piano formale. Forse per questo piacque – senza diventar ricco – alla stampa tedesca e inglese… che vi riconosceva i tratti italiani migliori, quelli meno caricaturali e cialtroni. Quelli che forse HCB e Klein prediligevano, ahimè.”
Caio Mario Garrubba era nato a Napoli il 19 dicembre 1923 e dopo 92 anni ci ha lasciati, a me rimane il rimpianto di non avergli mai stretto la mano e di non essere mai andato a trovarlo.