Testo e foto di Isabella Mancini/
Non è un cibo cool. Non è trendy il suo ingrediente principale, non fa fashion mangiarlo per strada. Il migliaccio, il roventino, è una crepes del secolo passato talmente legata alla tradizioni che la si mangia ancora oggi, anche al tempo delle aperture 24 ore su 24, solo d’inverno, al massimo fino alle porte della primavera. Legata alle tradizioni perché la materia prima è il sangue del maiale che si può avere solo appena si è macellato l’animale, che è altamente deperibile e la sua conservazione può durare molto poco. Mischiato con brodo, sale, pepe e un po’ di farina si chiama roventino perché lo si prepara su un pentolino di ferro, rovente, e lo si mangia caldo caldo, che ci si brucia la lingua e ci si scottano le dita. Lo si cosparge di parmigiano e qualcuno osa pure con lo zucchero e la crema al cioccolato. Non è facile trovare chi ancora lo cucini: in pochi li vedi aggirarsi per le fiere, le sagre e i mercati della Toscana, da nord a sud, armati di padellino e formaggio. La zona del pistoiese ospita nel mese di febbraio una sagra dedicata a questo prodotto antico che li si chiama migliaccio; nella zona di Montelupo, Ginestra Fiorentina, Limite sull’Arno è possibile trovare una bancarella in centro che li prepara espressi. Sono uno di quei sapori antichi che rischiano di finire nel dimenticatoio dell’omologazione alimentare. Da provare.