di Silvia La Ferrara
Sul bagnasciuga di Cesenatico, Remo da anni non trova più le “poveracce” (autoctone, piccole e più saporite) ma solo le nuove, endemiche, “filippine”; per fortuna invece resistono i “longoni”, piccoli e di forma allungata, che da mangiare sono delicatissimi, quasi dolciastri. È rapidissimo a tirare fuori il retino e a selezionare le vongole e il suo secchio si riempie veloce. Per cena, dopo la spurga, il guazzetto è assicurato. Dice che le congela anche e che “non perdono”.
Pino chino sul bagnasciuga divide il bottino per dimensione: con le più piccole lui e sua moglie ci fanno gli spaghetti, le grandi invece vanno bene da fare la zuppetta.
Quando gli chiedo se non è preoccupato dell’inquinamento delle acque costiere, Remo ride e chiama Mario: «Ve’ Mario, qua la signora ha paura che moriamo! Mo se è una vita che le mangiamo!» Mario si inserisce dicendo che l’unico problema di salute qua è il mal di schiena, che ormai lui e gli altri c’hanno un’età e dopo di loro la raccolta libera della vongola va a finire perché i giovani non hanno la pazienza di stare lì due-tre ore nel freddo. Il mollusco si riproduce a fine estate e così il periodo migliore per la raccolta è da novembre a marzo, quando tra l’altro non ci sono turisti nei piedi con tutti quei bambini che corrono per il bagnasciuga dentro e fuori dall’acqua muovendo la sabbia.
Poi la finiamo lì, che loro sono qua per vongolare e non per fare delle chiacchiere. E allora mi metto seduta sulla spiaggia e per un po’ me ne sto zitta a seguire i loro movimenti. Mi sento come i gabbiani appollaiati sugli scogli di fronte a me e per una volta non sono i vecchi a guardare gli altri che lavorano.