Testo e foto di Alberto Sfoggia
L’avevo inseguita per anni, ne avevo fiutato le tracce, l’avrò oltrepassata senza accorgermene chissà quante volte. Ed ora, finalmente, ho la possibilità di ripercorrerne il tracciato, grazie alla nuova cliclopedonale che ne ricalca il percorso fino a Nervesa della Battaglia.
Sto parlando della Tradotta Montebelluna- Susegana, la vecchia tratta ferroviaria realizzata durante la Grande Guerra per portare le truppe sul fronte del Piave e dismessa negli anni sessanta.
Il tracciato è breve, meno di venti chilometri, e attraversa quattro comuni ai piedi del Montello, un territorio che conosco benissimo e dal quale non mi aspettavo sorprese. Ma mi sbagliavo.
Nel tratto iniziale da Montebelluna a Volpago del Montello i binari sono stati rimossi da tempo e la vecchia ferrovia rivela la sua esistenza solo nelle case cantoniere ristrutturate e abitate, e in pochissimi altri dettagli come recinzioni e traversine.
Sotto il sole di una calda giornata di luglio, esploro luoghi che conosco da quando sono nato, ma il paesaggio mi appare tutt’altro che familiare. Non ritrovo quelle che io chiamo le tre C (casa, campo, capannone), ricorrenti presenze nella pianura trevigiana, sono invece immerso nel verde: viti, giardini, orti, natura selvaggia. Sarà il passo del viandante, lento e regolare, che rende inedito ciò che credevo ormai noto?
L’ex stazione di Volpago mi appare quasi all’improvviso come un miraggio in una landa desolata. Sembra abbandonata in mezzo al nulla, eppure il paese è lì, dal lato opposto del fabbricato, silenzioso e nascosto. Sono fermo sul quel che resta della banchina come se stessi aspettando l’arrivo del treno. Ma non è tempo di pause, non sono neanche a metà del percorso.
Riprendo il mio viaggio tra ciclisti affannati e qualche fagiano che ogni tanto attraversa la strada senza curarsi troppo dei passanti, e quando arrivo a Giavera del Montello la ferrovia inizia a mostrarsi sempre più chiaramente. Arrivo nel punto in cui si trovava la stazione, e cerco quei binari che fotografai quasi dieci anni fa ma non ci sono più; al posto loro trovo un impianto industriale.
Anche la vecchia pesa per i carri è stata smantellata così come i resti degli scambi e del raccordo ferroviario che conduceva ad un deposito militare sul Montello.
Da quel punto in poi però il binario, segno del passato presente, mi accompagnerà fino alla fine, suscitando la mia curiosità per ogni dettaglio e spingendomi a continue soste. Trovo delle date impresse sulle rotaie, alcune riportano il 1880: hanno cento anni più di me.
Tra Giavera e Nervesa, entro nel cuore dei luoghi dove si è combattuta la Battaglia del Solstizio. Proprio nei dintorni della ferrovia, nel giugno del 1918, gli Austriaci furono fermati nel tentativo di sfondare le linee italiane dopo aver attraversato il Piave e superato il Montello. Quel momento fu decisivo per le sorti del conflitto ed è ricordato anche dai cippi costruiti lungo la Tradotta in memoria del Maggiore Mario Fiore e del Colonnello Alessandro Platone, che caddero in quei giorni di giugno insieme a migliaia di commilitoni.
Sono sempre più vicino a Nervesa della Battaglia e, ad un tratto, il singolo binario che mi accompagnava lungo il cammino si moltiplica, si avvolge su sé stesso e si intreccia con la vegetazione che nel tempo è cresciuta rigogliosa e indisturbata. Sono ormai arrivato alla stazione, anche essa ricoperta di arbusti e piante rampicanti. In questo punto più di altri, il paesaggio evoca con forza il passato e la mia mente è trascinata dalle immagini che sento emergere da ciò che osservo. Per qualche minuto mi ritrovo al termine della prima guerra mondiale, quando la ferrovia militare fu riconvertita ad uso civile: vedo le persone che attendono sulla banchina con l’abbigliamento dell’epoca, il casellante che chiude le sbarre, il fumo nero che anticipa l’arrivo del treno, le persone che scendono e salgono con i loro piccoli bagagli…vedo i nostri giovani bisnonni, i nostri nonni da piccoli.
Ritorno al presente e mi accorgo che il mio viaggio sta per terminare: ancora un paio di chilometri e la ciclopedonale giungerà al termine. Cammino questi ultimi metri con lo sguardo all’insù: vedo i resti dell’antica abbazia di Sant’Eustachio distrutta dai bombardamenti, dove cinquecento anni fa monsignor Della Casa scrisse il suo celebre Galateo.
Arrivo a Bidasio, frazione di Nervesa della Battaglia dove termina la pista, mentre vigila sui miei ultimi passi la possente mole del Sacrario militare, costruito in memoria dei caduti della Grande Guerra, che domina la pianura dall’alto del Montello. Il mio cammino si conclude qui, con l’immagine di questo forte simbolo, mentre i binari continuano il loro tragitto fino a Ponte della Priula, evocando altre storie di un tempo che non c’è più ma la cui memoria ci appartiene.