un reportage di Simone Ladisa
Ogni anno, alla fine di Agosto, una grande manifestazione accende le strade del quartiere di Harajuku. Nel pieno centro di Tokyo, accanto ad Omotesando, si tiene il festival “Super Yosakoi”. In occasione del matsuri del Tempio Meiji, che si trova immerso nel parco Yoyogi, si tengono i festeggiamenti, con banchetti di cibo e giochi. Vengono poi allestiti dei palchi su cui si svolge appunto il Super Yosakoi.
Lo Yosakoi è una danza di gruppo caratterizzata da uno stile tradizionale, combinato a musica e ritmi moderni. Il Super Yosakoi è una esibizione che vede partecipare gruppi provenienti da tutto il Giappone. Le performance si susseguono senza pause per due giorni, a rotazione su vari palchi. Il palco principale si trova all’ingresso del parco Yoyogi, qui è presente anche la televisione per riprende l’evento. Ci sono poi due palchi secondari: il primo è verso l’ingresso del tempio Meiji, mentre il secondo si trova vicino alla struttura dello Yoyogi National Gymnasium.
Ho seguito questa manifestazione fin dall’edizione del 2009, e mi ha sempre affascinato ed emozionato. La passione con cui i ballerini partecipano è grandissima. Esibizioni piene di energia, con coreografie che mescolano in maniera perfetta una moderna dinamicità, a un’atmosfera tradizionale. I colori dei vestiti si muovono sul palco come onde variopinte e coordinate da un’invisibile regia. La musica carica i ballerini, richiama il cuore del pubblico, e fonde tutti partecipanti in un flusso ritmico che sincronizza anche i respiri.
Nel corso delle varie edizioni, ho avuto modo di vedere gruppi formati da giovani atletici, con coreografie moderne, e di grande pregio artistico. Gruppi formati da bambini, alcuni solo di splendide signore di una certa età, raramente anche di piccole comunità straniere insediate in Giappone, come gruppi coreani o africani.
Lo spirito è sempre lo stesso, ogni gruppo presenta la sua esibizione, frutto di sforzi e allenamenti dei mesi precedenti, con la consueta allegria ed energia. Ed è proprio lo spirito che anima questi ballerini che mi ha fatto innamorare di questa manifestazione, catturando la mia attenzione e quella del mio obiettivo fotografico. Ho sempre cercato di rappresentare una parte di quello spirito che traspare dai volti dei ballerini. Sguardi orgogliosi della loro tradizione, sorrisi soddisfatti per quello che si inscena, e movimenti tipici della tradizione giapponese. Vitalità e colori sono ingredienti con il quale i danzatori stregano l’occhio dello spettatore.
Pur assistendo ad uno spettacolo eccezionale, fotograficamente questa manifestazione presenta numerose difficoltà ed insidie. Sarebbe facile ridurre tutto ai normali problemi di fotografare all’aperto: alcune volte la pioggia ha ostacolato la realizzazione di buoni scatti, altre volte il caldo soffocante e il sole estivo mi hanno procurato delle brutte bruciature durante l’attesa. Invece le difficoltà si concentrano sempre nel riuscire ad isolare i soggetti dai numerosi elementi di disturbo che
circondano il palco. Impalcature, riflettori, pubblico. In una manifestazione di questo tipo, che coinvolge più di 5000 ballerini, addetti ai lavori, un pubblico numeroso, diventa di estrema difficoltà cogliere le angolature giuste e isolare il vero cuore dello spettacolo. Più volte si deve sacrificare il proprio posto, con una buona visuale e ottenuto con ore di attesa, solamente per poter cambiare angolazione rispetto al palco ed evitare la monotonia nell’inquadratura.
Il Super Yosakoi per me non è solo una splendida occasione per fotografare, ma un evento che mi piace vivere come spettatore. Assistere alla parata di tutti i gruppi nella strada principale, muovermi da palco a palco cercando i miei gruppi preferiti, girare tra i banchetti assaporando ottime okonomiyaki o dolcetti di vari tipi. Una regola d’oro per realizzare un buon reportage è quella di vivere intensamente il posto, l’evento, e le persone. Con il Super Yosakoi è stato sempre facile legarmi a quelle atmosfere, grazie al fascino e alla bellezza di uno spettacolo superbo.
Simone Ladisa è nato a Roma nel 1978 e, dopo aver terminato gli studi in ingegneria informatica, ha studiato fotografia con Roberto Nistri. La metropoli più grande del mondo, Tokyo (dove ha già viaggiato molte volte), e quella più antica, Roma, sono il tema principale dei suoi numerosi lavori. Pubblica su L’Intellettuale Dissidente e Autofocus. Ha esposto a Roma, Napoli, Catania in location ed eventi quali il Festival dell’Oriente, il Japan Fest, il Comicon, al Museo Vigamus e nel circuito delle Biblioteche di Roma.