La Tavola Doria è documentata per secoli nelle collezioni della casata genovese da cui prende il nome. Nel 2012 fu donata dal Fuji Art Museum di Tokyo alla Repubblica Italiana, con la destinazione delle attuali Gallerie degli Uffizi. Secondo l’accordo sottoscritto tra il museo giapponese e il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e del Turismo, la Tavola Doria fino al 2040 verrà esposta in Giappone per cicli di quattro anni, alternandosi con cicli biennali in Italia.
Ho avuto la fortuna di vedere questo ambito pezzo di storia in un contesto fuori norma, nell’intima indecenza offerta dalla sua nudità tra le mura della Fortezza da Basso quando era ospite per il suo delicato e professionale restauro. Un’emozione vibrante che è stata poi possibile rivivere uan volta esposta in tutta la sua rinnovata bellezza.
Nel primo ciclo italiano, tra il 2013 e il 2015, il dipinto è stato mostrato infatti mostrato ad Anghiari, Firenze e Milano. In seguito, come protagonista principale, in diverse mostre in Giappone (Tokyo, Kyoto, Sendai nel 2016, Hokkaido, Hiroshima, Ehime, Nagoya e Fukuoka dal 2017 al 2018). L’esposizione a Poppi il prossimo anno inaugurerà il secondo ciclo italiano, che tra l’altro coinciderà con le grandi celebrazioni leonardesche del 2019, cinquecentenario della morte del Genio di Vinci. Il dipinto raffigura un episodio della Battaglia di Anghiari, la cui composizione era stata ideata da Leonardo da Vinci per la decorazione della Sala del Maggior Consiglio nel Palazzo della Signoria, commissionata dalla Repubblica fiorentina nel 1503; l’affresco non fu mai portato a termine.