Di Yuri Materassi
“via K. Marx”, “via Che Guevara”, “via Piero Gobetti”, “piazza Loreto”, “via del lavoro”.
Quando è passato da Lula, terra di Barbagia, Peter Gabriel si deve essere chiesto se il suo aereo fosse davvero atterrato in Sardegna o se avesse deviato per Cuba.
Da Lula, con la sua fantastica toponomastica, Gabriel ha percorso almeno un’altra decina di chilometri prima di arrivare a Bitti. Aveva un appuntamento.
Stava cercando un gruppo musicale da inserire nella sua etichetta Real World, straordinaria raccolta di musica autoctona. In Sardegna, Gabriel si stava concentrando sul canto a tenore. A Bitti aveva un appuntamento con i Teneros di Bitti.
Si tratta di un coro a quattro voci maschili, dove la voce guida (sa boghe) viene seguita e intrecciata dalle altre tre voci (bassu, contra e mesa boghe). E’ un canto antichissimo. Si dice che le quattro voci rappresentino il muggito del bue, il belato della pecora e il suono del vento.
“Peter Gabriel è vegetariano”, mi racconta Gianni, dicendomelo in un tono quasi di scusa, come se fosse un peccato. “E’ una persona semplicissima, pensa che quando erano a registrare negli studi di Londra e andavano a mangiare tutti insieme alla mensa, lui faceva la fila come tutti, e se gli facevano cenno di passare avanti lui rifiutava”.
Ho parlato con Gianni solo per poche ore. Il tempo di un sacco di storie. Mi ha riempito lo spirito e la pancia cucinando prelibatezze della Sardegna. Il padre di Gianni è Piero Sanna, uno dei componenti del gruppo Remunnu ‘e Loco. Piero, assieme ai suoi compagni, nel 1999, è stato nominato Cavaliere della Repubblica Italiana. Prima di approdare alla ribalta sui palchi di tutto il mondo, Piero faceva il pastore. E aveva la passione per il canto. Da Lula si trasferisce nei dintorni di Bitti, tira su un agriturismo adesso gestito dai figli. Alla fine, il suo destino si intreccia con quello di Peter Gabriel.
“Sono stati in tutto il mondo, tranne che in Cina, ma c’è da giurarci che andranno anche lì”, mi dice orgoglioso Gianni. Quattro contadini, pastori, custodi delle tradizioni della loro terra, certamente non abituati a viaggiare ai quattro angoli della Terra, si sono trovati a raccontare la Barbagia a gente di paesi lontani. E gliela raccontano con storie che tutti possono capire, perché la loro musica e la loro voce ha un linguaggio universale. Basta avere orecchie per ascoltare.
Le canzoni dei Tenores raccontano di vita quotidiana, di donne, di pastori, di contadini, di amori perduti. Uniscono il sacro al profano, il drammatico all’ironico. Quando tornano a Bitti continuano a fare la loro vita, si vestono nuovamente con i loro panni, scompaiono tra la gente del posto, tra le greggi, gli arbusti e gli alberi da sughero, le case che accolgono i turisti con le loro storie dipinte sulle mura. Già, siamo in Barbagia e qui anche i muri “parlano” con i loro murales, e raccontano anche loro di storie di fantasia o realmente accadute. Narrano di questa terra arida, piena di vita. Sono raffigurazioni fiere di una terra unica, bella e dura, ripercorrono storie atroci come i rapimenti, quelli famosi e quelli meno famosi. Ne fu vittima Fabrizio De André, eppure ne era e ne rimase innamorato: “Questo è il mio porto, il mio punto d’arrivo. Qui voglio vivere, diventare vecchio…”. Ecco, i Remunnu ‘e Loco portano in giro per il mondo tutto questo. E anche di più.
A Bitti, c’è anche un Museo dedicato a questo canto.
Le storie dei Remunnu ‘e Loco si trovano nel web: www.tenoresdibitti.net
L’agriturismo della famiglia Sanna si chiama “Calavrina”.