Ricordo meditato del giornalista, poi scrittore, poi anam: Tiziano Terzani.
Tiziano Terzani ha bisogno di poche presentazioni. E’ stato giornalista e scrittore, instancabile viaggiatore e filosofo del mondo. Tra i suoi libri e reportage ricordiamo “Un indovino mi disse” (1995), “Lettere contro la guerra” (2001), “La fine è il mio inizio” (2006). Terzani muore nell’estate del 2004 nel suo rifugio all’Orsigna, piccolo paese dell’ Appeninno Pistoiese. Ed è proprio su queste montagne che il nostro scrittore Secondo Calibano ha il privilegio di conoscerlo e di pubblicare con lui il libretto “La guerra del cartello”, in questo momento esaurito, è integralmente consultabile in rete all’indirizzo www.mapsulonnaise.net
Secondo Calibano è nato nel secolo scorso nel bel mezzo dell’Europa.
Per la société éditoriale mapsulonnaise, ha pubblicato i racconti “Ventun giorno” e “Cammina nel tempo”. A fasi alterne è amministratore e/o factotum della casa editrice stessa. Nel 2004 è stato tra i vincitori del grande concorso di Wu Ming sul romanzo di Oscar Marchisio “La stanza mnemonica”.
Conobbi Terzani nel febbraio del 1997 tramite il suo “Un indovino mi disse”, consigliatomi da un amico pochi giorni prima di trasferirsi in Thailandia. Nonostante l’Orsigna fosse soltanto a pochissimi chilometri dal mio paese, Maresca, non avevo mai sentito il nome di Terzani.
Già dalle prime pagine fu come un amore a prima vista: lo stile, le idee, ma soprattutto il modo in cui erano messe assieme ebbero l’effetto di una improvvisa, inattesa esplosione di un fuoco artificiale, ed in seguito mi è sempre piaciuta l’idea di averlo conosciuto attraverso la sua scrittura ancor prima che di persona.
Passato qualche tempo venni a sapere che Terzani era ad Orsigna. Dovevo assolutamente conoscerlo! Presi la macchina con l’idea di arrivare fino a casa sua, da dove sarebbe sicuramente uscito qualcuno a dire “Tiziano non c’è”, ma per fortuna era in piazza, seduto davanti al bar.
Scambiammo solo poche battute, gli regalai un libro che, non sapendo come presentarmi, mi ero portato dietro, e dopo mezz’ora ero già sulla via del ritorno. L’incontro fu breve, ma ebbi la fortissima sensazione di aver stabilito, o ristabilito, un contatto, e questo mi bastò.
Circa un anno dopo gli spedii una copia dell’organo di informazione di una repubblica immaginaria che aveva sede nel mio paese: vi si annunciava la rimozione dell’asfalto e la messa al bando delle automobili. Tiziano, entusiasta, mi rispose subito con una email che trovava l’idea ottima e che già che c’eravamo potevamo anche togliere la musica che la pro-loco diffondeva per le strade di Maresca con un sistema di altoparlanti !
Quello fu l’inizio di un reciproco scambio di “messaggi in bottiglia”, e da li cominciai a domandarmi con quale enorme numero di gente Tiziano riuscisse a rimanere in contatto, dato che riusciva a mantenere un contatto con me.
Il nostro scambio si intensificò nell’estate del 1999, grazie ad una sfida in poesia tra i nostri due campanili, Maresca ed Orsigna: io gli spedivo le poesie di Maresca e lui mi mandava quelle di Orsigna, che venivano poi affisse nei rispettivi paesi. In seguito tutta la storia finì in un libretto, “La guerra del cartello”, che comprendeva una sua ed una mia introduzione. Tiziano volle assistere a tutta la fase di realizzazione del libro e, inutile a dirsi, fu per tutti un periodo di incredibile divertimento. Si gettò nell’impresa con l’entusiasmo di un ragazzo e, sono sicuro, con lo stesso impegno e la stessa passione che aveva sempre messo nel suo lavoro.
Fu un intenso periodo di appuntamenti, alcuni “in gran segreto” a casa sua, visite a sorpresa a casa mia, cene e continui contatti, compreso un fantastico viaggio a Pistoia presso la stamperia a bordo della sua sgangherata Duna, perché non aveva “MAI comprato un’auto nuova”. In quei giorni gli aveva telefonato una TV francese per una intervista, e lui aveva risposto: “ma non ho tempo! Ho da fare con la société éditoriale mapsulonnaise! ” Sento ancora il rimbombo della sua risata mentre ce lo raccontava! Tiziano aveva colto subito l’aspetto semiserio della casa editrice, e come noi si divertiva da matti.
Fu in quel periodo che iniziò a parlarmi insistentemente dell’India: “organizzi un viaggio con i suoi amici, potete andare a casa mia a Delhi”. Manifestò in questo una generosità e una disponibilità direi uniche, ed anche dopo che il primo tentativo di viaggio era saltato, lui continuò con l’invito: “Sbrigatevi ad andare in India, perché vendo la casa”; finché nel novembre 2002 riuscimmo finalmente a partire.
Durante tutto il 2003 Tiziano non si fece vivo. Tutti più o meno sapevano che stava scrivendo un libro, ma niente di più.
Ci incontrammo l’ultima volta all’inizio di marzo 2004 all’uscita della festa di Controradio, dove aveva fatto un intenso intervento sul valore della diversità, a sostegno della radio che rischiava di scomparire od uniformarsi alla piattezza dell’informazione commerciale. Mi disse lui del libro e della malattia: “Ho appena consegnato il mio ultimo libro. E’ sul mio cancro, il mio testamento spirituale.”
In seguito non cercai di contattarlo, ma continuavo ad essere combattuto tra l’impulso di vederlo e quello di non disturbare il suo distacco dal mondo; finché un giorno mi arrivò un messaggio tramite un comune amico. Aveva incontrato Tiziano per caso a Firenze: mi salutava e mi ringraziava “per non essere andato a trovarlo.” Con una frase aveva risolto definitivamente il mio dilemma!
Il 29 luglio 2004 appresi la notizia dal bollettino di mezzogiorno di Controradio. La voce partecipata della radiofonista che leggeva la breve agenzia ansa si aggiunse subito a quel bagaglio di ricordi indelebili, quell’archivio immateriale di suoni, odori o immagini che una volta evocati riportano istantaneamente indietro nel tempo.
La notizia era di quelle che ci si aspettano, ma si pensa sempre debbano avvenire chissà quando in un imprecisato futuro. In quell’istante mi sentii come pungere da centinaia di minuscoli spilli, poi andai in negozio a togliere il cartellone con Tiziano ad altezza quasi naturale: la sua forma materiale che ora non c’era più. Quel giorno riuscii anche ad essere contento di aver saputo la notizia da Controradio, una cosa che condividevamo pur non avendone mai parlato, e di averlo saputo mentre stavo in qualche modo viaggiando, benché in automobile, di ritorno dal vicino paese sede del municipio.
Credo che siano state le nostre affinità a farci incontrare. Mi disse anche lui qualcosa del genere in una delle nostre rare conversazioni telefoniche, citandomi uno di quei lunghi paroloni in tedesco, “Die Wahlverwandtschaften”, il titolo originale delle affinità elettive di Goethe.
Quello che siamo è il frutto di un continuo succedersi di luoghi, persone ed influenze, e queste arrivano accordandosi con qualcosa che è già un po’ dentro di noi, magari solo a livello embrionale.
Tiziano ha lasciato un segno con lo stile della sua scrittura, verso la quale ho a volte un interesse quasi grammaticale, per cui ci trovo qualcosa che va oltre le parole stesse, una sorta di alchimia nella costruzione delle frasi. Poi il viaggio: fu lui col suo “Un indovino mi disse” a risvegliare il mio lato di viaggiatore addormentato da qualche anno di stanzialità, infine il rapporto con il telefono, il vegetarianesimo, l’indignazione per la follia globale e… l’aria condizionata, per la quale ho in seguito sviluppato un’avversione quasi patologica.
Quando ho letto sull’opuscolo che accompagna il DVD Anam di Tiziano che cercava di far spegnere l’aria condizionata nei ristoranti, e se non ci riusciva rimaneva tutto il tempo con una coperta addosso manifestando così la sua contrarietà, mi si è aperto il cuore ! Grazie Tiziano !
Secondo Calibano, Maresca