Geografia dell’istinto di un fuoriuscito e dei suoi sogni
(Testo di Sandro Abruzzese)
Questa è la storia di un cambiamento radicale che coinvolge un ragazzo ricco di una merce rara in questa nostra grande coperta di terra chiamato Bel Paese: mi riferisco alla voglia di plasmare il proprio cammino gettandosi nel futuro ancor prima che arrivi.
Ovvio che non è una storia indolore, di soli pregi, e ci saranno fallimenti, forse rimpianti. Anticipo la testardaggine del mulo, condita con l’ambizione del visionario sconsiderato e l’aria del fuoriuscito.
E’ anche una svolta verso coordinate inattese, determinate dall’intima geografia dell’istinto.
E il principio di questa storia all’inizio fu una Pentax k1000, “il Kalashnikov delle macchine fotografiche”: “a 12 anni, sul vaporetto fotografavo come un forsennato, è stato allora che mio malgrado ho scoperto che un rullino contiene solo 36 scatti”.
Qualche anno dopo l’incontro col fotografo americano Micheal Ackerman “gli cambiò la vita”. Fu un solco che portò verso la vera fotografia: mutò lo sguardo, la prospettiva quotidiana, la geometria dei luoghi, quindi l’essenza delle cose.
Non so dire se nella vita determinati spartiacque esistano davvero, o se più semplicemente siamo noi ad aver deciso di svoltare e scegliere una data, una persona o un libro, per decidere di camminare soli.
Fatto sta che il nostro protagonista inizia ad utilizzare il linguaggio fotografico per narrare quello che lo circonda e generare immagini dotate di una loro forza interiore, capaci di intensa evocazione.
E’ il caso del progetto Close your eyes: un universo di soggetti ritratti con gli occhi chiusi in ogni paese dell’Unione Europea, a cui viene chiesto cosa rappresenti per loro la libertà.
Vengo rapito da una incredibile girandola di personaggi che comunicano i più disparati sentimenti che il genere umano possa produrre. Ecco Cedric, Pascal e Victor, bambini che nelle vie parigine sognano di giocare per sempre a calcio, e non andare mai più a scuola.
Oppure, a La Courneve, il comunista nostalgico Piero, che per sentirsi libero aspira semplicemente a non lavorare più, anela alla totale conquista del proprio tempo, e non credo di poterlo biasimare.
Ancora, il piccolo Andrea, occhi chiusi e la maglietta da pirata nei vicoli di Palermo, già sogna i soldi, immagina che gli diano tutto quello che occorre. L’avrà appreso dagli adulti che lo circondano, perché un bambino non può essere così ingenuo. Per ora gli auguro che tutto si risolva come spera.
Nei vicoli di Napoli, con l’altarino della madonna alle spalle, la signora Teresa chiude gli occhi e rimpiange la sua giovinezza.
Ad Oslo, Grethe desidera una vacanza, mentre in Spagna l’operaio Gherasim vuole semplicemente tornare a casa, magari lo aspetta un figlio, che forse pende dalle sue labbra, e ogni sera spera in un regalo.
Mi perdo e chiudo gli occhi a mia volta: la libertà stasera è il vento, la sua leggerezza pulita e il sibilo potente che spira a volte dalle Alpi verso il Lago di Garda. Sono sulla scrivania e il resto del petto lo riempie la voce del mio bambino che gioca spensierato. E non oso chiedere altro.
Torno al nostro protagonista, al suo studio intenso del mondo vitivinicolo francese e al ritorno controcorrente in questa Italia.
Riparte dalla Francia verso le radici, e passa per la Loira e la Borgogna, lambisce più volte la regione del Bordeaux e del Cahors, il Beaujolais, la Cote du Rhone.
La virata narrata è verso le colline natie: un ettaro e mezzo di vigne esposte al sole di un’altura morenica sul lago più grande d’Italia.
Oggi l’ultimo temerario e ambizioso progetto è il vino di Villa Calicantus. Dimostrare come nel territorio del Bardolino sia possibile, attraverso una estrema cura per le vigne, lavorate in biologico e poi biodinamico, dare vita a un grande vino da invecchiamento.
Negli anni ho appreso che il calice deve girare con sapienza tra le mani, per sprigionare il suo bouquet come dio vuole. Ciò che contiene è elemento vivo, capace di sposare il legno e il tempo beffandosi di entrambi. Come materia viva è dotato di personalità, struttura, colore, corpo, profumo, nondimeno di un intenso rapporto con la terra che lo nutre attraverso la vite.
Non c’è bisogno di scomodare Lucrezio per ricordare che “nulla nasce dal nulla”, ma il tutto è anche una questione di rispetto per le capacità della natura, a cui non bisogna chiedere mai più del dovuto.
Un’altra impresa. Anni di intenso sacrificio ed esperimenti generano uno dei vini più originali e coraggiosi del territorio veronese.
Il resto è storia recente. Nell’estate del 2013 questo fotografo viticoltore ha iniziato a vendere in Italia e in Francia la sua annata 2011. E Oggi vive stabilmente a Calmasino di Bardolino con la compagna Sabrina, il gatto Mirò, e innumerevoli, a volte strampalati, progetti per il futuro.
Se vi capita, chiedete di lui.
Il suo nome? Daniele Domenico Delaini.
Ruota ancora il bicchiere nella mia mano, il vino che stasera allieta questo corpo assorto, immerso in immagini profonde, fonde il palato e mostra tutto il suo intenso mondo, per lunghi attimi non ho niente da opporre, da pretendere. Chiedo solo, gentilmente, ancora un calice…per favore.
Non fermarti Daniele…continua a correre!!!
Sandro Abruzzese
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Di mestiere faccio l’insegnante di italiano e storia alle scuole superiori.
Poi animatore del blog raccontiviandanti.
Scrivo perchè amo raccontare, dare forma a quello che mi circonda mi fa stare bene. E perchè dopo anni di distanza e lontananza dal luogo nativo, volevo raccontare chi sono diventato nel frattempo, tessera la tela della ri-conoscenza, in qualche modo colmare un vuoto.
https://www.facebook.com/Raccontiviandanti
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Per approfondire la conoscenza di Daniele Delaini: