Viaggio in Dancalia, confine africano. A fine novembre. Per essere al vulcano nei giorni della luna piena. Per camminare fra mercati dell’altopiano e delle terre del nulla. Per sentire il sale scricchiolare sotto le scarpe e guardare la potenza della Terra. E poi, loro, gli uomini e le donne che là vivono…
Viaggio di Erodoto108.
Accompagna questo viaggio Andrea Semplici, direttore di Erodoto108.
Viaggio fra uomini e vulcani
Viaggio in programma da venerdì 20 novembre a domenica 6 dicembre 2015
LA TERRA DEL NULLA.
Rimbaud, naturalmente.
E’ lui, poeta perduto ai confini della Dancalia, a descrivere, in una rara lettera a casa, la sensazione che ti coglie alla gola quando metti piede, per la prima volta, in questo terribile deserto di sale e di lava. I dromedari della sua carovana stavano calpestando la banchisa bianchissima, laggiù nella piana del sale, e lui non riuscì più a dimenticare quella solitudine abbacinante che poteva rassomigliare solo al ‘presunto orrore dei paesaggi lunari’.
Ludovico Nesbitt non era un poeta ma un ingegnere inglese: nel 1928 attraversò, primo uomo bianco, tutta la Dancalia interna. Dall’Etiopia verso il mar Rosso. Ne uscì vivo e scrisse: ‘I dancali sono pronti ad ammazzare ogni estraneo in cui si imbattono’. Brutta fama per questi pastori-guerrieri: e a leggere i racconti dei viaggiatori di qualsiasi epoca, se la portano dietro da sempre. Vi prego di non dare ascolto a questi racconti.
Gli afar sono bella gente. Sono ruvidi e scontrosi, ma accolgono con silenziosa gioia i viaggiatori nelle loro “burra”. Un vecchio mi spiegò che la parola, nella sua lingua dalle radici cuscitiche orientali, voleva dire ‘libero’. Un piccolo sultano, all’estremo sud dell’Eritrea, mi disse che stava per ‘errabondi’.
Nessun antropologo mi ha confermato queste versioni ma credo di più al vecchio. La libertà assoluta (e orgogliosa fino a una fierezza bellicosa) è la sola dimensione possibile fra queste desolazioni. Come altro vivere in terre aride fino allo sfinimento? Come altro vivere, se non disperatamente liberi, qui dove le temperature sfiorano i cinquanta gradi, l’ombra è un miraggio, l’acqua un miracolo e i dromedari sono tutto nella vita.
Si va in Dancalia, uno fra i luoghi ‘peggiori’ al mondo, proprio per questo. Per la solitudine senza rimedio e per la fatica infinita, per il caldo insopportabile e per il nulla attorno a noi. Se non studiate i vulcani e non siete antropologi dell’estremo, non vi è nessun’altra ragione. Ma è una ragione sufficiente.
Si va in Dancalia per i paesaggi stremati di lava e per le distese, simili a una banchisa artica, di sale. Il bianco ghiaccio (in un luogo da temperature che scalano ogni grado celsius possibile) e il nero cupo delle eruzioni sono i suoi colori . Questa è una terra inospitale, arroventata, abrasiva, tagliente come i ciottoli della sua lava che scivolano, in colate pietrificate, fino al mar Rosso, come i suoi vulcani che ne disegnano la frontiera verso gli altopiani etiopici, come il suo magma che ribolle senza esplodere sotto le suole delle vostre scarpe, come il sale che si rapprende e si trasforma in sculture opera di artisti extraterrestri…
Ma la vera ragione, la mia vera ragione, è un’altra. Per un paradosso della storia, in una notte leggermente alcolica me la spiegò un giovane ragazzo basco. Mi disse questo: ‘Ho capito che in questa terra si trova a disagio chi cerca il viaggio come ozio. Chi separa il tempo delle proprie abitudini da quello del disorientamento. La Dancalia, con il suo caldo torrido e snervante, è l’opposto di una vacanza. Se vieni qui cercando avventure, non riuscirai ad andare oltre la tua superficialità. Che ti apparirà insopportabile. Il sole bianco e rovente, l’indifferenza degli afar, la monotonia di un deserto privo di colori ti faranno sentire nudo e impotente. E il tuo equilibrio, fisico e mentale, rischierà di andare in pezzi. Devi difenderti in Dancalia. Devi mostrare, soprattutto a te stesso, di avere un’anima di poeta. Si viene qui per cambiare punto di vista’.
E’ vero, credetemi, al di là del viaggio, la Dancalia è un antidoto. Un antidoto contro i luoghi comuni, contro gli stereotipi. La Dancalia ti mette davanti agli occhi (al cuore, alla testa) la sua bellezza irraggiungibile e la sua ‘diversità’. E riconosce la tua ‘diversità’. Poche terre al mondo sono capaci di fare altrettanto.
ECCO, QUESTO E’ IL VIAGGIO
1° giorno: 20 novembre-venerdìRoma-Addis Abeba
Partenza dalle varie città italiane per raggiungere Roma.Volo notturno Ethiopian Airlines da Milano/Roma verso Addis Abeba.
2° giorno: 21 novembre-sabatoAddis AbebaAlba in volo.
Arrivo quando il sole è già sorto sulla capitale dell’Etiopia.L’aeroporto di Bole non è più nelle campagne, oramai le periferie di Addis Abeba l’hanno accerchiato. La città, a duemila e trecento metri di quota, sta dilagando nel pianoro circondato da antichi vulcani. Una lunga strada, la Bole Road, conduce verso il centro della città. Tempo per una colazione. Tempo per conoscere alcuni dei luoghi-crocevia della città. Non mancheremo di andare a salutare Lucy, nonna Lucy, l’ominide che, proprio in Dancalia, decise che era tempo di alzarsi in piedi. Sistemazione in albergo. Primo assaggio di cibi d’Etiopia. Tempo anche per recuperare una notte quasi insonne. Pernottamento hotel.
3° giorno: 22 novembre-domenicaAddis-Sambete-Kombolcha
Partenza nella prima mattinata per Kombolcha. E’ la strada degli altopiani. Una bella strada. Segue il tracciato costruito dagli italiani ottanta anni fa. Si attraversano le regioni degli Oromo. Si attraversa il Wollo. I villaggi sono Amhara e Oromo. Paesaggi grandiosi di campi di teff, il cereale dell’Etiopia. Si sale fino a tremila metri. Panorami mozzafiato verso la Rift Valley. Ci sarà tempo per il mercato domenicale di Sembete, luogo d’incontro di afar e di gente dell’altopiano. Arrivo a Kombolcha, città-snodo delle grandi strade del Nord dell’Etiopia, in serata. Pernottamento in hotel.
4° giorno: 23 novembre-lunedì Kombolcha-Bati-AsayitaAncora verso Nord.
Lasceremo gli altopiani per scendere nella Rift Valley, verso le solitudini della Dancalia. E’ la regione degli afar, il popolo ribelle, la gente dei deserti di fuoco e sale estesi fra l’Etiopia, l’Eritrea e Gibuti. Gli Afar sono pastori nomadi, allevatori di capre e dromedari. Nel Nord della Dancalia cavano sale dal fondale di un antico mare. Ma prima di raggiungere la Dancalia vi sarà una mattina da passare al grande mercato settimanale di Bati, il più affollato fra i luoghi di incontro fra i pastori afar e i contadini oromo. Bati non è un semplici mercato: è uno spettacolo grandioso dell’umanità .Nel tardo pomeriggio lunga discesa fino al caldo della Rift Valley. Sosta a Semera, sgangherata capitale della regione afar. Dobbiamo ritirare i permessi per inoltrarci in Dancalia. Infine, a sera, raggiungeremo Asayita, la vecchia capitale del sultanato afar di Aussa. Oggi è uno strano villaggio. Dopo una lenta decadenza, sta vivendo una nuova ‘frenesia’ dovuta a grandi piantagioni di canna da zucchero. Pernottamento al Basha Hotel, spartano albergo sospeso sul fiume Awash. Pernottamento hotel.
5° giorno: 24 novembre-martedì Il mercato di Asayita-I villaggi afar-Le paludi dell’Awash
E’ giorno di mercato ad Asayita. Mercato di stuoie e sale, di stoffe e ferramenta. Un bel mercato. Piccolo e festoso. Asayita è una città-paese, bella la sua moschea, splendidi i paesaggi sulla valle fertile dell’Awash. Sorge su uno sperone di roccia, quasi un balcone invisibile che si apre sulla piana di questo strano fiume dell’occidente etiopico. Sarà una bella mattinata.Nel pomeriggio, lenta esplorazione dei dintorni di Asayita verso le montagne che separano l’Etiopia da Gibuti. E’ la Dancalia fertile: mandrie di buoi dalle grandi corna, villaggi fra campi di mais, l’onda delle piene del fiume Awash trasforma di continuo un paesaggio di savana in paludi. Tempo per fermarsi in villaggi afar.Seconda notte al Basha Hotel.
6° giorno: 25 novembre-mercoledì Asayita-Geysers di Logyia-Afdera
Ecco, oggi sarà il giorno della Dancalia ‘vera’. Prima andremo alla ricerca dei geysers nella piana di Logyia prima di deviare verso i deserti di lava. Duecento chilometri prima di raggiungere il lago Afdera, conosciuto dai colonialisti italiani come lago Giulietti. E’ una lunga sgroppata lungo una strada asfaltata che attraversa un desolato e bellissimo deserto di lava. All’improvviso appiono il lago e le saline. Campo sulle sponde del lago.
7° giorno: 26 novembre-giovedì Afdera-Karsawaat-Erta Ale
Prima mattina nelle saline di Afdera. Attesa in paese dell’accordo con gli scout e la polizia locale. Poi via, lungo la pista che conduce al villaggio di Kasrawaat, luogo di transito per la salita all’Erta Ale. E’ il vero viaggio nel Nord della Dancalia: si attraversano piane sabbiose prima di percorrere una faticosa pista tracciata nelle colate di lava. Si sfiorano villaggi remoti e cimiteri afar con monumenti funebri di lava.A Kasrawaat, burocrazia Afar. Si controllano i nostri permessi, si contratta con le autorità locali l’ingaggio di guide e cammellieri per salire alla vetta del vulcano Erta Ale.Nel primo pomeriggio, in auto, comincia il cammino di avvicinamento alla caldera dell’Erta Ale, “la montagna che fuma”. Sarà una lunga giornata. Si percorre la piana di Dodom fino a un passaggio nelle antiche colate di lava che accerchiano il vulcano. E’ una pista faticosa che conduce fino a uno spiazzo che, da tempo, funziona da ‘campo base’ per la salita all’Erta Ale. E’ un percorso di quasi due ore. Si riposa all’ombra fragile di un paio di acacie e poi si cena. Si deve aspettare che il sole sia meno impietoso per cominciare la marcia verso il vulcano. Si aspettano i cammelli noleggiati a Kasrawaat, si prepara il carico. Si sale, con la speranza che la luna quasi piena illumini i nostri passi.L’Erta Ale è un profilo che sembra non intimorire, ma non bisogna lasciarsi ingannare: sono necessarie quasi quattro ore di cammino per salire dalla depressione di meno 70 metri a una quota superiore ai cinquecento metri. Si passerà la notte in capanne di pietra al bordo della caldera principale da dove si possono già vedere i bagliori della lava.
8° giorno: 27 novembre-venerdì Erta Ale
Avremo tutto il giorno per scendere nella caldera ed esplorare le bocche vulcaniche. Lo spettacolo è la di là di ogni immaginazione: l’Erta Ale è un doppio balcone, bisogna scendere (un balzo di pochi metri su un sentiero precario) fino a un ‘pavimento’ di lava recente. E’ una sorta di piattaforma sulla meraviglia del vulcano. Cercheremo di avvicinarci il più possibile alle sponde del grande catino vulcanico: il magma mugghia, esplode, risucchia le rocce, è un mare mosso di pietra liquida e nera. L’Erta Ale è una tinozza di fuoco.Il vulcano è una meraviglia notturna, ma durante il giorno ci si rende conto della sua potenza, del suo paesaggio, della sua geografia mutevole. Cercheremo anche, evitando le ore più calde, di fare l’intero giro della doppia caldera. La giornata è un’attesa di una nuova notte. Si aspetta il tramonto e il buio sull’orlo del vulcano. Per godere di un nuovo spettacolo notturno sperando in un cielo sgombro di nuvole e in una grande luna piena.L’Erta Ale ipnotizza. Ma dopo alcune ore bisogna risalire la cresta della caldera per rientrare alle capanne di pietra.
9° giorno: 28 novembre-sabatoErta Ale-Waideddu-Hamed Ela
Addio al vulcano. Poco dopo l’alba si scende verso la radura del ‘campo base’ dove si ritrovano le macchine. Una buona colazione e si parte alla volta di Ahmed Ela.La piana di Dodom è un deserto di polvere e vento. Sulle ultime pietre laviche sorgono villaggi schiantati dal sole (Urtikibili, Abdellali, Ataytu). Il corso di un altro grande uadi (che corre parallelo alle colate laviche) è una benedizione per le genti Afar di questa terra: qui sono stati scavati numerosi pozzi e abbeveratoi.Si prosegue e, negli anni di buone piogge, la Dancalia riserva la sorpresa di essere un pascolo verde e fertile. Mandrie di vacche e capre popolano la piana di Adogura: una prateria cresciuta proprio là dove finiscono le grandi colate di lava. Numerosi i villaggi Afar all’orizzonte di questi pascoli: il più importante è Namegubbi. Un cammino a volte difficile: si costeggia la sponda orientale della spianata dancala, l’orizzonte è chiuso da una linea di antichi vulcani (il Chebril Ale, l’Aiu, il Gabull, il Borale). All’improvviso appare un’oasi di palme dum: è il villaggio afar di Vaideddu, ben conosciuto nella piana per la sua produzione di duma, una bevanda che si ricava facendo fermentare la linfa della palma. Vaideddu è un grande villaggio nascosto: più di 200 burra disperse in un’oasi dove vivono circa 800 personeNel pomeriggio si raggiunge Ahmed Ela, “il pozzo di Ahmed”, l’unico, vero villaggio di questo deserto: cinquecento abitanti (estrattori e intagliatori del sale) durante i mesi delle carovane, non più di venti persone nell’estate del grande caldo. Qui le carovane pagano le tasse per l’estrazione e il trasporto dei blocchi di sale, qui si incontrano i cammellieri dell’altopiano con le squadre che estrarranno e modelleranno il sale, qui avviene l’ultima sosta prima del cuore della Piana del Sale.Al villaggio si è ospitati in una capanna costruita per i visitatori.
10° giorno: 29 novembre-domenica Hamed Ela – Dallol
Risveglio ad Ahmed Ela.
Il villaggio è sul confine della Piana del Sale, antico fondale marino. E’ un infinito accecante. Si seguono sentieri quasi invisibili in mezzo al deserto del sale. Si punta sulla strana montagnola di As Ale, uno sperone di roccia rossastro al centro della piana. E’ una concrezione salina formata da solfato di magnesio dalle proprietà curative, un doppio isolotto che emerge dal mare di sale che lo circonda.Nell’area settentrionale del lago As Ale, ai confini con l’Eritrea, vi è un grande scoglio, un altra isola che sorge dalla Piana del Sale. E’ Dallol, “il luogo degli spiriti”. E’ una straordinaria e irreale collina alta una cinquantina di metri, un iceberg vulcanico cresciuto sulla crosta salina della depressione dancala. La terra ribolle a Dallol, i geyser sono in perenne attività e scolpiscono sculture multiformi: il paesaggio si trasforma in giardini fioriti, in grandi pietre circolari, in laghetti dai colori sorprendenti, in piccoli coni vulcanici dai quali fuoriescono fumi acri. Dallol è una magia vulcanica creata da folletti di roccia. E’ terra viva. Qui gli italiani, negli anni Trenta, ebbero il coraggio di costruire un villaggio minerario (estraevano potassio da questa collina), le sue rovine, calcinate dal sole e dal sale, stanno ancora decomponendosi sulla sua sommità. Attorno alla collina la Terra continua il suo spettacolo: a sud di Dallol, da un altro scoglio di sale pietrificato, esce acqua a temperature altissime. La strana sorgente diventa un rigagnolo che alimenta un lago circolare di acqua ribollente. Uno stagno ‘danzante’ si trova anche a oriente di Dallol: qui geyser sotterranei non danno tregua alle acque di superficie che sembrano ballare al ritmo di un maestro d’orchestra sconosciuto. Grandi faraglioni di pietra salina si alzano a occidente di Dallol: sono le colonne che segnano i confini di questa isola incredibile. Il confine con l’Eritrea è a poca distanza. Pernottamento in capanna
11° giorno: 30 novembre-lunedì Hamed Ela-Piana del Sale-Asso Bole
Al mattino seguiremo la partenza delle carovane del sale verso la grande cava di estrazione. Noi andremo dietro ai loro passi.In mezzo alla Piana, centinaia e centinaia di uomini stanno tagliando la crosta salina a colpi di accetta, altri cercano di sollevare lastre immense. Gli intagliatori, a piccoli colpi, danno forma ai blocchi. I carovanieri aspettano al sole. Caricano gli animali solo quando sono certi di ripartire. I cammelli sostano attorno all’immensa cava. Al riparo di muretti di sale, qualcuno ha aperto una rivendita di tè: è l’unico momento di sosta che questa umanità si concede. Passeremo del tempo nell’aerea della cava, affollata di uomini e dromedari.Ma raggiungeremo nuovamente anche la frontiera di Dallol. A seconda del caldo e del tempo, visiteremo il Lago Nero, la frattura freatica provocata da recenti esplosioni di magma e le Colonne di Dallol.Faremo rientro ad Ahmed Ela per il pranzo. Nel pomeriggio, appena il sole comincia a calare, breve trasferimento: si lascia Ahmed Ela per raggiungere Asso Bole, villaggio afar all’ingresso del canyon del fiume Saba. Asso Bole è uno dei luoghi di sosta delle carovane nel lungo viaggio di ritorno verso l’altopiano. Qui vi è sempre acqua, uomini e dromedari bevono, riempiono le otri di pelle di capra, si lavano. Molti passano la notte al riparo delle pareti del canyon. Campo
12° giorno: 1 dicembre-martedìAsso Bole-Canyon Saba River-Melabday (trekking di un’intera giornata facoltativo)
Prima dell’alba, le carovane sono già in cammino. Hanno cominciato la risalita dell’altopiano. I nostri tempi sono più lenti ma, di buon mattino, è tempo anche per noi di rimettersi in marcia per risalire l’altopiano. Lento trekking nel canyon del fiume Saba. Guaderemo più volte le acque di questo fiume. A volte il canyon si restringe, altre volte si allarga. Incroceremo carovane in discesa, seguiremo il cammino di carovane che risalgono il fiume. Il canyon è stato scavato dalla forza delle acque. E’ un cammino di circa sei/sette ore. Faremo sosta a Forto, antico luogo di guardia degli italiani e, poi, dei gendarmi frontalieri di Hailé Selassiè. Alla fine il canyon si allarga: siamo arrivati alla piana di Maklalla, incrocio di fiumi che scendono dall’altopiano. Nella stagione secca non hanno acqua. Vi sono alcune capanne di pastori afar. Si sale ancora, ma siamo quasi arrivati al villaggio di Melabday,‘il luogo dove il miele’. Qui si trova invece un buon pozzo ricco d’acqua. E’ il villaggio che abbiamo scelto per la sosta notturna.Le macchine ci hanno preceduto. Il campo è già montato.
13° giorno: 2 dicembre-mercoledì Melabday-Berhale-Wukro-Gheralta
Ancora un breve cammino. Una pista quasi in piano. Una passeggiata fra il villaggio di Melabdy e le capanne di Kora. Il paesaggio è una savana arida. A Kora è tempo di risalire in macchina per raggiungere il grande villaggio di Berhale. Oramai è quasi una città, il capoluogo del Nord della Dancalia. Qui arrivano i camion dei commerciati del sale. Solitamente è un via vai di carovane: Berhale è un luogo di scambi e commerci. Vi faremo una breve sosta prima di arrampicarci sulle pendici dell’altopiano. La pista è una brusca salita per raggiungere i duemila metri della sponda del più grande altopiano africano. Dopo alcune ore di viaggio, ci ritroveremo ad Agula, lungo la strada asfaltata che collega Makallè ad Adigrat. Abbiamo lasciato la regione Afar e ora ci troviamo in Tigray. Andiamo ancora verso Nord, verso uno dei cuori sacri del Tigry: l’amba di Gheralta, un gruppo di montagne dove si trovano alcune delle chiese rupestri più importanti dell’Etiopia. Si raggiunge il villaggio di Hawzien e il Gheralta Lodge, uno dei luoghi di ospitalità più belli del paese.
14° giorno: 3 dicembre-giovedì GheraltaI
Gheralta Lodge è base di partenza perfetta per visitare alcune delle più belle chiese rupestri del Tigray. Gheralta è un’amba orgogliosa: qui sono celati almeno un quarto dei grandi monumenti di pietra della regione. Fra l’VIII e il XV secolo, un esercito di artisti, scalpellini, scavatori, architetti medioevali ha realizzato un reticolo di chiese aggrappate a montagne inaccessibili. Gli storici e i ricercatori hanno censito, affascinati, oltre 150 chiese rupestri. Sono scavate nella roccia dell’amba Gheralta, dell’amba Bianca, delle regioni del Tembien e dell’Agamè. Cercheremo di alternare viaggi verso alcune di queste basiliche alla tranquillità del lodge. Andremo a passeggiare anche per le strade di Hawzien, grande villaggio tigrino. Seconda notte al Gheralta lodge.
15° giorno: 4 dicembre-venerdì Gheralta-Makallè-Addis
Si ritorna sulla strada che attraversa tutto l’altopiano etiopico. Si raggiunge la lunga amba Bianca. Ancora un rifugio di monaci del medioevo etiopico. Monaci architetti, monaci scalpellini capaci di scavare chiese di pietra in luoghi solitari. Visiteremo la chiesa di Medane Alem Adi Kisho. L’altopiano non è terra solo di cristiani ortodossi: in questa terra, negli anni di Maometto, si insediarono piccole comunità musulmane. Faremo una breve sosta a Negash, luogo sacro dell’Islam in Etiopia, santuario di uno dei più fedeli compagni di Maometto. Pranzo a Makallè, la capitale del Tigray. Nel pomeriggio volo verso Addis Abeba. Pernottamento hotel.
16° giorno: 5 dicembre-sabato Addis Abeba-Roma
Una giornata ad Addis Abeba. Ancora in giro per la capitale: per visitare la chiesa di San Giorgio, per soddisfare ultime curiosità, per fare acquisti. Per godersi un buon ristorante: a sorpresa sarà cucina ‘vegana’ in uno dei luoghi più nostalgici di Addis Abeba, l’hotel Taytu.Ma, a notte, sarà anche tempo di andare in aeroporto per il volo di ritorno verso l’Italia.
17° giorno: 6 dicembre-domenica
Arrivo a Roma nelle prime ore del mattino e proseguimento per le città di destinazione.
Per saperne di più e iscrizioni: andrea@andreasemplici.it
Telefono: 338.8887493.
Da leggere: Dancalia. Camminando sul fondo di un mare scomparso.
Lo trovate qui: store.terre.it/catalogo/categoria/0/prodotto/296/Dancalia