Testo e foto di Marco Turini
Nel mezzo delle Sierra Nevada su una strada tortuosa che si arrampica attraverso uno scenario mozzafiato si trova il piccolo paese di Juviles. Poche case bianche si stagliano a contrasto con le scure montagne circostanti accogliendo i piccoli allevatori ed agricoltori della zona. Basta infatti uscire dalle grandi città della Spagna meridionale per ritornare ad una dimensione congelata nel tempo, con un’economia ancora legata ad attività e tradizioni centenarie.
Ma Il paese di Juviles è famoso per una sola attività in particolare: quella dei prosciutti. Il Jamón Real Ibérico de bellota è il più celebre prodotto della zona. Si chiama così perché realizzato con la carne di una razza di maiali autoctoni (iberici) che si nutrono prevalentemente di ghiande (bellotas appunto) e di erbe aromatiche. Questo è uno dei prosciutti più prestigiosi della Spagna che compete (quasi) a pari titolo con la migliore varietà italiana.
Entrare in un prosciuttificio dell’Andalusia non è un’esperienza molto comune. Se l’entrata nel complesso può sembrare caratteristica ed accogliente basta varcare una delle doppie porte in ferro per entrare in un non-luogo dalle pareti asettiche. Attraverso lunghi corridoi vuoti si entra in alcuni saloni immensi che ospitano centinaia di migliaia di prosciutti in attesa di completare la stagionatura. L’odore è forte e pungente. L’ultima cosa che viene in mente in mezzo a queste cosce di maiale appese è quella di mangiare del prosciutto. Zoccoli bianchi e neri (a seconda della varietà dell’animale) puntano inanimati il soffitto. Basta varcare un altro salone e si scopre cosa succede dietro al prodotto finito.
Le zampe degli animali ancora fresche vengono lavati e passate attraverso dei rulli che ne comprimono le carni e fanno fuoriuscire i liquidi in eccesso. Quello che non riescono a fare le macchine viene effettuato a mano dal personale addetto. In questa fase ha luogo l’intervento attraverso il quale é conferita la caratteristica forma del prosciutto, il taglio “serrano” a forma di V. Dopo questo particolare taglio si passerà alla prima fase della stagionatura: la salagione.
I prosciutti vengono quindi lasciati immersi in grandi contenitori di metallo pieni di sale completando il processo di essiccamento. La temperatura costante deve essere inferiore ai 4 gradi e l’oscurità è pressoché assoluta. Qui l’odore è ancora più forte. La sala è buia e l’aria gravida di sangue non lascia scampo. Una volta passato questo stadio i prosciutti vengono risciacquati dal sale e pesati dal personale. Poi avviene la stagionatura vera e propria che può durare fino a 3 anni.
Ogni tanto qualche trillo elettronico annuncia qualche comunicazione od operazione da effettuare. Gli addetti lavorano in silenzio. Questo anno la produzione dei prosciutti è calata del 40% . Colpa della crisi dicono. Un mestiere come questo è molto ambito (uno dei pochi della zona) e di certo queste persone tengono per se ogni malumore sulla mansione svolta.
Mi allontano dalle enormi sale semivuote e mi dirigo verso l’uscita. Ad attenderci c’è una commessa sorridente che incarta come un regalo un enorme prosciutto. Passano poche ore ed il prodotto è già sulla tavola. Siamo in Andalusia e anche il taglio del prosciutto vanta una lunga tradizione. Le abili mani di un ragazzo del posto tagliano una ad una le sottili fette riempiendo i nostri piatti di un aroma straordinario .
E così la nausea ed ogni scrupolo scompaiono al primo assaggio.