Testo e foto di Giovanni Mereghetti
Zampone e Cotechino sembrano essere nati da un’esigenza più che dall’idea di creare un nuovo gustoso prodotto regionale. O almeno così narra la leggenda. Agli inizi del Cinquecento i cittadini della corte dei Pico della Mirandola rimasero a lungo intrappolati nella loro città dall’assedio delle truppe di Papa Giulio II della Rovere. Non volendo rischiare che i maiali cadessero nelle mani degli invasori, i cittadini decisero di macellare tutti i loro suini e s’ingegnarono per conservare al meglio le loro carni, che vennero macinate e insaccate o nelle zampe stesse dei suini, pulite, conciate e sgrassate, o in un budello. L’idea non solo funzionò, permettendo loro di avere scorte a sufficienza fino alla fine dell’assedio, ma senza saperlo i modenesi diedero vita a due originalissimi prodotti tipici che riscossero grande successo nei secoli a venire: lo zampone e il cotechino. Se olfatto e gusto non ci sono d’aiuto nel distinguere l’uno dall’altro, poiché il profumo intenso e il sapore deciso caratterizzano entrambi, la vista ce ne fornisce la chiave: nonostante le fette dell’uno e dell’altro si presentino ugualmente compatte, con una granulometria uniforme e di colore roseo tendente al rosso, lo spessore della pelle che le avvolge ci farà distinguere il cotechino dallo zampone. Serviti con lenticchie, fagioli in umido, purè di patate e spinaci al burro, questi due gustosi insaccati danno una nota di colore ai bolliti e festeggiano la fine di un anno e l’inizio di quello successivo.